
Atlas Fallen Recensione: una piacevole sorpresa
Ho impiegato almeno tre ore prima di intuire come godere appieno di Atlas Fallen, il nuovo action/rpg di Deck13 Interactive – i creatori di Lords of the Fallen e The Surge – e pubblicato da Focus Entertainment. All’inizio ho faticato e non poco nel mio viaggio attraverso Atlas, una terra ricca di mostri a cui dare la caccia, popoli e città da salvare: sono l’unico in grado di maneggiare un guanto dagli immensi poteri, eppure, il mio atipico artefatto – che all’occorrenza si trasforma in ascia o frusta – non sembra in grado di rivaleggiare con le belve che provano a ridurmi in poltiglia e i loro “scagnozzi”. Tuttavia, dopo essere incappato in diversi game over, ho deciso di cambiare strategia e di concentrarmi nel masterizzare al meglio la meccanica di gameplay più importante del titolo: inutile dirvi che da quel momento in poi, la mia esperienza con Atlas Fallen è notevolmente migliorata.
Sono così diventato, grazie al mio guanto, un Dio inarrestabile (e il merito va principalmente al sistema di combattimento di Atlas Fallen) perché solo elevandomi rispetto al resto degli umani avrei potuto rivaleggiare con gli Dei ostili, ai quali la mia presenza non è certo andata di buon occhio. Ho imparato dai miei errori diventando il più grande trucidatore di creature mostruose che la storia di Atlas ricordi.
Diventare un Dio in Atlas Fallen
Treccani definisce l’impeto come un “Moto violento di cosa o persona che si spinge in avanti o contro un oggetto con tutta la sua forza“. Ecco, il principale elemento di gameplay attorno a cui ruota tutto il frenetico sistema di combattimento di Atlas Fallen, è l’Impeto, segnalato a schermo da un’apposita barra a sua volta divisa in tre segmenti di potenza crescente: più energia riesci ad accumulare attaccando il nemico, più le tue armi diventano forti. Di contro, i danni avversari sono maggiorati. Per difenderci, possiamo ricorrere alla schivata oppure, ancora meglio, al parry eseguito al momento giusto: concatenando tre parate perfette, il malcapitato di turno si congelerà, rimanendo alla nostra mercé per qualche secondo. Infine, ogni volta che riesci a riempire un segmento del suddetto indicatore, puoi scatenare un devastante attacco finale che annienta qualsiasi cosa. Immaginate quello che può succedere se riuscite a riempire il terzo segmento.
All’inizio, il mio approccio al combattimento era dei più classici: combo da tre o quattro colpi alternando le due armi in dotazione – se ne sbloccherà anche un’altra – con l’unico fine di attivare il primo attacco speciale dei tre disponibili. E così via per tutta la durata dell’incontro. Poi, invece, ho capito che non dovevo tanto pensare a indebolire il boss o il mob a suon di affondi bensì attendere il momento giusto, bilanciando approccio difensivo e offensivo, per poi liberare tutta la potenza del mio alter ego virtuale. Un combattimento più intelligente, che predilige la ricerca della perfezione piuttosto che il caos.

Ho studiato anche le statistiche della mia ascia e della mia frusta, che avevo letto a inizio gioco ma con occhio poco vigile, per poi rendermi conto che stavo completamente sbagliando modus operandi: l’arma secondaria, la frusta, è quella con il range migliore e che permette anche un accumulo maggiore di Impeto, seppur infliggendo meno danni rispetto a quella principale. Di conseguenza, la fase iniziale di un qualsiasi combattimento deve iniziare dalla frusta per poi spostarsi sull’ascia, una sfumatura di gameplay non indifferente e da non sottovalutare in alcun modo.
Ad arricchire ulteriormente il combat system e a dare una spinta alla creazione della giusta build che si adatti al meglio al nostro stile di gioco, ci pensano le tantissime Pietre d’Essenza, che garantiscono diversi poteri e abilità in game, sia attive che passive: si può, ad esempio, liberare un uragano che insegue e travolge tutto ciò che si trova nelle vicinanze. Suddivise anch’esse in tre gradi, si attivano parallelamente all’accumulo della barra dell’Impeto. Viene da sé che per poter usufruire degli effetti delle devastanti Pietre d’Essenza di grado 3, bisogna esser bravi a raggiungere la nostra forma più forte e violenta. I deliri di onnipotenza che ho avuto combinando parry, Impeto e frustate, sono stati, almeno all’inizio, davvero notevoli. Peccato che alla lunga, mi sia schiantato su alcune criticità che ho trovato nelle boss fight, il cuore di Atlas Fallen.
Troppi insetti da schiacciare intorno al Boss
Per quanto il numero di nemici complessivi affrontabili in Atlas Fallen non sia particolarmente elevato (e questo, come scoprirete tra poco, è un piccolo limite da tenere in considerazione), ciò che mi ha dato davvero dispiacere sono stati gli incontri con i boss. Abbiamo appena descritto tutti gli elementi che rendono interessante il sistema di combattimento, tuttavia, non riesco a fare a meno di pensare che forse, qualcosa in più per valorizzarne le peculiarità si poteva fare.
Mi spiego meglio: ogni boss spawna con alcuni mob al seguito – che riappaiono all’infinito anche se li elimini – che sono lì solo per disturbarti mentre il bestione prova a farti la pelle. Si procede, quindi, concentrandosi prima di tutto sui nemici base per ripulire l’arena e affrontare così il bersaglio principale, liberi da distrazioni per qualche minuto. A questo primo aspetto, bisogna aggiungere un moveset del boss non particolarmente complesso costituito da tre o quattro attacchi – più uno che si aggiunge nelle fasi avanzate dello scontro – che impari facilmente a memoria già al secondo tentativo, in caso di fallimento in quello precedente. In questo modo non riesci a sfruttare al meglio il combat system di Atlas Fallen.

Invece di rendere artificiosa la boss fight inserendo periodicamente “mezze calzette” da polverizzare fino al KO del mostro, sarebbe stato più appagante creare un set di mosse dell’avversario finale più vario, che avrebbe reso la battaglia naturalmente più difficile. Il combat system mi è piaciuto così tanto che, una volta arrivato ai titoli di coda, avrei voluto davvero trovare delle sfide avvincenti che mi avessero permesso di sfruttare tutte le frecce nel mio arco, oltre che ingegnarmi sul come combinare al meglio le pietre (alcune sono più efficaci in specifiche dinamiche di combattimento).
Insomma, se non ci fossero i nemici vicini a un granchio gigantesco pronto a stritolarti fra le sue chele, la pratica si chiuderebbe in modo rapido e indolore perché gli attacchi sono facili da intuire, senza considerare poi che molti dei boss di fine capitolo si incontrano anche come mini boss opzionali esplorando Atlas (un limite che deriva dalla poca varietà di creature affrontabili): inevitabile, alla fine conoscerne ogni punto debole.
Un regno ricco di insidie
Tra missioni principale e secondarie, Atlas Fallen è ricco di cose da fare ed esplorare sciando il regno di Atlas è piuttosto appagante (alcune aree, inizialmente inaccessibili, si sbloccheranno proseguendo nel racconto grazie ai poteri del guanto). Diverse volte, mentre mi muovevo da A a B per completare un incarico primario, ho deviato dal mio percorso perché qualcosa a schermo ha attirato la mia attenzione: giunto sul posto mi son preso a botte con gusto uscendone vincitore. Ecco, il mondo di gioco, così come le città in cui ho fatto scalo tra una quest e un’altra, l’ho trovato, senza offesa, più vivo e interattivo di quello di Final Fantasy XVI (a proposito, qui trovate la recensione di Final Fantasy XVI).
Avventurarsi nell’ignoto, affrontare i mostri selvaggi e perdersi nelle grotte di Atlas, premia anche il giocatore con nuove Pietre d’Essenza ed esperienza con cui potenziare le armature. A tal proposito, devo dire che la componente ruolistica è molto semplice da gestire: con l’aumento del livello dell’armatura (che si può acquistare oppure ottenere tramite drop speciali in momenti specifici della trama), cresceranno anche i nostri parametri vitali. In generale, si evince come Deck13 abbia posto molta più enfasi sulla gestione delle Pietre che sulle corazze e le statistiche del protagonista, una scelta che ho personalmente gradito.
La barra dell’Impeto insieme alla gestione delle Pietre d’Essenza, sono il fiore all’occhiello di Atlas Fallen: due meccaniche che funzionano decisamente bene una volta comprese al meglio e che riescono a regalare forti scariche di adrenalina. Peccato che il combat system non riesca sempre a fare scopa con le boss fight, anche per via di pattern offensivi dei boss non particolarmente complessi. Al di là di queste precisazioni, la nuova produzione di Deck13 rimane comunque un guilty pleasure degno di nota. Lunga vita al guanto onnipotente!
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