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Barbie Film Recensione

Barbie – Recensione del film con Margot Robbie e Ryan Gosling

Abbiamo visto Barbie, nuovo film di Greta Gerwig con protagonisti Margot Robbie e Ryan Gosling nei panni di Barbie e Ken: la recensione.

Dopo un esordio piuttosto modesto ma puntualmente glorificato come Lady Bird e il leggero passo avanti col corale Piccole donne, la regina del mumblecore Greta Gerwig si getta a capofitto nel mondo di Barbie, affrontando, al terzo film da regista, non solo un atteso film da cassetta ma soprattutto il tipo di blockbuster hollywoodiano più infido possibile: il blockbuster su commissione incentrato su un prodotto di consumo.

Reclutando in sceneggiatura il marito Noah Baumbach, regista di Storia di un matrimonio che l’ha lanciata verso il successo mondiale dirigendola in Frances-ha e col quale ha lavorato recentemente per Rumore bianco di Netflix, e a sua volta reclutata dalla superstar Margot Robbie (protagonista nei panni di Barbie, produttrice e decision-maker del progetto), la Gerwig è chiamata a confrontarsi oltre che con l’iconica bambola della Mattel e la sua storia, anche con altri titoli nati col suo stesso obiettivo (spingere le vendite del prodotto di riferimento) come ad esempio – giusto per citarne alcuni tra i più riusciti – l’esplosivo Transformers (sui giocattoli Hasbro) e l’animato The Lego Movie (sui mattoncini LEGO), o uno dei più grandi film orgogliosamente capitalisti di sempre, Air di Ben Affleck (sulle scarpe Nike Air).

Solo che Greta Gerwig non è Ben Affleck, non è Phil Lord & Chris Miller, e senza dubbio non è Michael Bay.

Barbie: un femminismo di plastica

Al di là di qualche intuizione visiva davvero riuscita – quasi tutte presentate nei primissimi minuti, dalla differenza tra ‘piedi a la Barbie’ e ‘piedi piatti’ alla bellissima spiaggia di plastica dura, pezzo forte delle fantastiche scenografie rosa shocking che costituiscono il mondo di Barbieland, ovvero quello dove vivono le varie Barbie e i vari Ken e che è collegato al nostro con qualche passaggio di sceneggiatura tenuto insieme da nastro adesivo e un po’ di saliva ma soprattutto da altre bellissime scenografie da cinema anni ’20 che i nostri possono ‘attraversare’ a piacimento per viaggiare da una all’altra realtà – Barbie di Greta Gerwig non riesce mai a trovare un equilibrio tra i suoi intenti moralistici e sociali e il suo bisogno di criticare l’oggetto che deve propagandare, ora definito ‘fascista’ e freno a mano del vero femminismo (perché negli anni ha contribuito a diffondere un’idea retrograda della donna nella società), ora considerato il veicolo per spingere ogni bambina a realizzarsi nella donna che vorrà essere da grande (a Barbieland comandano le Barbie, ovvero le donne, in una società utopistica che è il contrario di quella patriarcale che Barbie scoprirà nel mondo reale e nella quale i signori, cioè i Ken, sono i gregari delle signore: come rivedere Don’t worry darling di Olivia Wilde, ma ribaltato).

Barbie Film Recensione 1

Il film non si racconta né si costruisce mai attraverso la sua mitologia, ma solo ed esclusivamente tramite il suo messaggio: anzi il film è il messaggio, quello della cultura progressista e ‘woke’, ma è così terribilmente (pre)occupato a (di) diffondere i suoi ideali che si dimentica di costruire idee, di narrazione, di cinema, che possano andare oltre il facile pistolotto dialogato per alimentarsi nelle immagini e restare davvero impresse nella memoria.

Il Ken di Ryan Gosling

Ciò che resta impresso, invece, ed è un clamoroso paradosso, è il magnifico Ken di Ryan Gosling: c’è chi, forse esagerando come spesso accade in questi casi, parla già di possibile nomination all’Oscar 2024 come miglior attore non protagonista, ma la maggior parte del divertimento che Barbie film ha da offrire (e, fortunatamente, è davvero tanto: la leggerezza e l’ironia sono così abbondanti da riuscire a sopravvivere alle lezioni di morale) non viene tanto da Barbie quanto dall’eterno secondo Ken (che poi è anche l’unico personaggio del film ad avere un arco narrativo).

Insomma, se cercate un film poco grossolano, sottile e che evita con facilità ogni maniera del cinema più semplicistico possibile, forse non conviene fermarsi a Barbie: la scena in cui la Grace di Hayley Atwell dà del pervertito all’Ethan Hunt di Tom Cruise riuscendo a volgere la situazione in suo favore all’inizio della lunga sequenza di Roma di Mission: Impossible – Dead Reckoning: Parte Uno, riesce a dire molto di più sulla società contemporanea di quanto Barbie non faccia in mezz’ora.

VOTO: 2,5/5

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Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

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