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Cosa fare a New York: vedere i Knicks al Madison Square Garden

Il racconto della mia prima volta al Madison Square Garden per Gara 1 di Semifinale di Conference NBA tra New York Knicks e Miami Heat.

Quando attendi da praticamente tutta la vita di partire per un indimenticabile viaggio a New York, la lista delle cose da fare è pressoché infinita: gita romantica a Central Park, ascensore fino all’ultimo piano dell’Empire State Building o passeggiata al tramonto attraversando il Brooklyn Bridge mentre si ammirano le luci dello skyline della Grande Mela. Chi ama il basket NBA, invece, non può esimersi dal comprare un biglietto per vedere una partita dei Knicks al Madison Square Garden, squadra di culto a New York e non solo, con forse il merchandise più figo di tutta la lega.

Fortuna ha voluto che i Knicks giocassero Gara 1 della Semifinale di Eastern Conference proprio nella stessa settimana in cui io mi trovavo a New York: l’occasione era troppo ghiotta per non frullare tutti i risparmi in un biglietto per la piccionaia – da cui però si vede piuttosto bene – dal modico costo di 421$. Sembrava come se tutti i pianeti si fossero allineati per regalarmi questo ricordo indimenticabile.

Cosa fare a New York
Avevo talmente ansia di entrare che la foto era l’ultimo dei miei pensieri

L’arrivo al Madison Square Garden

La pioggia che batte ininterrottamente da due giorni non ha di certo fermato Spike Lee e tutti i ventimila tifosi presenti al palazzo per vedere Gara 1 della prima della squadra di basket di NY, in astinenza dai palcoscenici che contano da ormai dieci anni. L’ultima apparizione in semifinale di Conference è infatti datata 2013 e in casacca blu e arancione c’erano Carmelo Anthony e Jason Kidd, giusto per fare due nomi. Insomma, la tensione è alle stelle tanto che, il giorno prima della partita, un simpatico commesso dell’NBA Store ha consigliato a me e alla mia ragazza di recarci al Madison almeno due ore prima. Prendiamo il suggerimento alla lettera e alle 11 in punto siamo davanti all’ingresso (si giocava a ora di pranzo, per la cronaca).

Ad accoglierci al numero 4 di Pennsylvania Plaza, venditori ambulanti che urlano “here’s t-shirts for Knicks Play-off“, qui vendiamo le magliette – non ufficiali aggiungo io – dei Knicks per i Play Off, oltre a una lunga fila di persone composta sia da veri fan che aspettano di sedersi sugli spalti, sia da turisti interessati semplicemente a fare acquisti all’interno dello Store del Madison Square Garden. Insomma, superiamo i controlli, spendiamo altri 60$ a testa per costosi ricordini e…indovinate un po’? Di nuovo in fila, questa volta però per superare i tornelli scansionando finalmente il QR code del biglietto che per me poteva essere tranquillamente fasullo, vista l’ansia che portavo dal giorno prima.

Tifosi Knicks Madison Square Garden

La musica viene pompata nelle casse sparse per tutta la hall principale del MSG neanche fossimo a un rave; persone in fila che fanno video con il telefono per postare le loro storie su Instagram mentre i tifosi più tecnici cercano di trovare una soluzione, neanche fossero Coach Thibodeau in persona, alle scorribande di Jimmy Butler. C’è da dire, che il Madison Square Garden è costruito davvero bene tanto che la visuale dai nostri posti non è neanche così male (mi ha ricordato il Santiago Bernabeu di Madrid). Prendo subito due birre e un pacco enorme di pop corn perché negli Stati Uniti tutto è gigantesco (25$ in totale ma si sono scordati di farmi pagare una birra, me ne accorgerò solo al giro successivo). Indossiamo la maglietta blu per la coreografia gentilmente regalataci dal marketing dei Knicks e siamo pronti per cominciare.

Knicks – Heat: primo tempo

Lo spettacolo dell’NBA è già di per sé notevole ma la fortuna di vedere i playoff dal vivo, è impagabile. La prima squadra di New York si presenta alla palla a due orfana del loro secondo miglior giocatore, Julius Randle, reduce da un piccolo infortunio alla caviglia in Gara 5 del primo turno dei play-off contro i Cavs. Ciononostante, i primi due quarti di Gara 1 delle Semifinali di Conference hanno visto i Knicks piuttosto in controllo, grazie soprattutto a quel fenomeno di Jalen Brunson.

Il giocatore da Villanova è fuori scala: sempre in controllo del ritmo della partita e sai che ogni sua scelta può portare a un canestro o a un assist. Entra in area, si arresta e alza il suo braccio sinistro per una lacrima che accarezza dolcemente la retina. Attacco successivo, l’azione è identica solo che stavolta arriva Bam Adebayo a chiudere la vallata. Nessun problema, scarico fuori e son 3 punti. Di quei sontuosi ventiquattro minuti, ne ho discusso dettagliatamente nel primo episodio del nostro podcast Quattro Quarti insieme a Luca (se ve lo siete perso, qui potete recuperare il primo episodio del Podcast).

Jalen Brunson Knicks

Eppure, c’è qualcosa che non mi torna e lo stesso vale per i tifosi dei Knicks: sembra come se i veterani degli Heat stessero aspettando il momento giusto per colpire, per azzannare la preda e lasciarla a terra agonizzata. Tra questi, troviamo Kevin Love il quale, tra uno sfondamento subito e un’apertura a tutto campo, riesce a tenere la sua squadra a galla. Il primo tempo tra New York Knicks e Miami Heat si chiude sul 55 a 50: troppo poco per i ragazzi di Thibodeau che hanno spinto e non poco per ritrovarsi però sopra solamente di cinque lunghezze.

Knicks – Heat: secondo tempo

Nuovo giro di birra e un paio di hot-dog (probabilmente i migliori mangiati fino a quel momento): lo spettacolo dell’intervallo è notevole peccato però che lo osserviamo con occhio distratto, semplicemente perché la voglia di ricominciare a guardare l’NBA è troppo alta. Per ingannare il tempo, scambiamo quattro chiacchere con i nostri amici che si trovano una fila sopra a quella dove ci troviamo noi. Nel frattempo, c’è un tifoso degli Heat alla nostra sinistra, lontano giusto un paio di sedie, che intona un motivetto davvero noioso composto da solo due parole: “Jimmy Butler“, ostentando con disinvoltura anche la canotta numero 22 rossa. Segnatevelo questo supporter, perché sarà la cosa più divertente capitata nel secondo tempo.

Il terzo periodo prosegue sulla scia del precedente. Miami rosicchia sempre più punti a Brunson e soci; a metà quarto mette per la prima volta la testa avanti dalla contesa iniziale e da quel momento in poi non si ferma più: 31 – 20 il parziale finale con qualche tifoso blu e arancio che inizia a mugugnare e a perdere la pazienza, anche per via di alcuni fischi piuttosto dubbi. Chi esulta, invece, è il fedelissimo in maglia Heat di cui sopra, quello che canticchiava la peggior canzone della storia. Bene, questo eroe ha rischiato di brutto di esser malmenato da un gruppo di persone, ovviamente tifose Knicks, che volevano godersi Gara 1 in santa pace. Fortunatamente, ci sono stati solo abbai, nessuna mozzicata e, con tutta sincerità, non avrei avuto alcuna voglia di trovarmi in mezzo a un’improbabile azzuffata al Madison Square Garden.

Knicks Madison Square Garden

La partita intanto, dopo l’accelerata di Miami nel terzo quarto, scema di intensità, con i Knicks rassegnati ad aver perso il vantaggio del fattore campo. Prima della sirena però, un ultimo colpo di scena: Jimmy Butler si infortuna alla caviglia ma qualche minuto dopo si rialza, per fortuna sta bene. Il Madison gli regala una standing ovation, a simboleggiare comunque che dinanzi alla grandezza di un giocatore che ha trascinato quasi da solo la sua squadra contro i Milwaukee Bucks, non ci sono colori che tengano.

Gli Heat vincono Gara 1 per 108 a 101: gli sguardi dei ventimila sugli spalti sono indirizzati a terra, sfiduciati, perché si poteva tranquillamente iniziare con il piede giusto. Anche i miei occhi e quelli della mia ragazza puntano verso il basso: la festa è finita, fuori piove ancora, due giorni dopo è prevista la partenza per Roma e la nostra vacanza newyorkese è quasi giunta al termine. Prima di lasciare il Madison però, l’ultimo sussulto di un tifoso che dire esaltato è dir poco: “Knicks in five, Knicks in five“. Era convinto che i Knicks avrebbero vinto quella serie in cinque partite. Anche io pensavo lo stesso.

Andrea Baiocco

Amo la birra, il basket e i videogiochi. Sogno un'Ipa al pub con Kratos e una scampagnata con Nathan Drake. Scrivo su Lascimmiapensa e su Everyeye mentre provo a parlare su Freaking News.

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