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Creed III Recensione: il nuovo film di e con Michael B Jordan

Creed III, il debutto alla regia di Michael B Jordan vince per ko tecnico anche senza il mitico Rocky di Sylvester Stallone.

Creed III segna il debutto alla regia di Michael B Jordan, superstar hollywoodiana che dopo aver raccolto l’eredità di Sylvester Stallone di fronte alla cinepresa nel rapporto padre-figlio tra Rocky Balboa e Adonis Creed messo in scena nei precedenti due capitoli della saga decide di proseguire con le proprie gambe emulando proprio Stallone, che dopo i timidi esordi con Taverna Paradiso (sempre cinema sportivo) diede il là ad una mitica carriera di regista e sceneggiatore proprio sui ring del franchise di Rocky.

Eppure, nonostante l’inevitabile inesperienza da ‘prima volta’ e ovviamente il peso di trovarsi di fronte al compito non invidiabile di dover realizzare quello che è sostanzialmente il primo film della saga di Rocky senza Rocky (Stallone, che non appare neppure un secondo, rimane a bordo del progetto con un credito in qualità di produttore, che però sa di mero contentino dopo i pubblici screzi con il produttore storico della saga Irwin Winkler, che la star ha definito senza troppi giri di parole ‘parassita’) contro ogni aspettativa Creed III vince per ko tecnico: merito dell’approccio di Michael B Jordan, che si muove dietro la macchina da presa con la stessa determinazione con cui colpisce davanti ad essa.

Il classico film di boxe di Hollywood riletto con la forma degli anime

Michael B Jordan nella sequenza iniziale ci mostra il giovane Adonis (in flashback) in una camera tappezzata di poster di manga e anime giapponesi, da Naruto a Dragon Ball Z: è un dettaglio infinitesimale, neanche troppo evidenziato e lasciato pressoché ai doveri di sfondo, eppure quando il film sarà concluso è impossibile non tornare a considerare quelle citazioni un vero e proprio omaggio.

Nella classica formula del film di boxe hollywoodiani, infatti, l’attore/regista infonde la forma degli anime e le botte da orbi che contraddistinguono le serie tv animate e i lungometraggi del Sol Levante, del quale è evidentemente un grande fan: per la prima volta nella saga il ring smette di essere un luogo fisico e diventa un’astrazione mentale, uno spazio altro immaginato (animato, appunto) nel quale i due combattenti al centro del racconto (l’Adonis di Michael B Jordan e il titanico Jonathan Majors, che sveste i panni di Kang il Conquistatore di Ant-Man & The Wasp: Quantumania dei Marvel Studios per interpretare un letale nuovo pugile che riemerge dal passato del protagonista) se le danno di santa ragione non solo a livello fisico, ma anche sul piano etico, morale, spirituale.

Un match di boxe che non è solo un match di boxe ma un duello di visioni sul mondo, lo scontro di due anime partite dallo stesso punto ma che la vita ha deciso di dividere insegnando ad entrambi due modi diversi di approcciarsi alla stessa esistenza: nel metterlo in scena, Michael B Jordan realizza uno degli incontri di pugilato più inventivi degli ultimi anni, coniando il linguaggio degli anime per dare una frenesia e un’enfatizzazione tutta nuova alla nobile arte su grande schermo: inquadrature che sembrano vignette di un manga, gesti iper-veloci, movimenti di macchina vibranti addosso ad ogni colpo.

Passando facilmente sopra ad una certa faciloneria narrativa nel secondo atto, ci si ritrova di fronte ad una sintesi perfetta tra l’emozione di Creed e il vigore di Creed 2: tolta l’azione fin troppo pseudo-arty del primo capitolo e la scrittura debolissima del secondo, e aggiunto un modo nuovo di guardare alla messa in scena del boxe, rimane un terzo episodio che è molto più della somma delle sue parti.

Voto: 3,5/5

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Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

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