
Death or Treat Recensione: Halloween arriva in anticipo su Playstation 5
Se c’è una cosa che ti rimane immediatamente impressa di Death or Treat, il roguelike in 2D dello studio di sviluppo madrileno Saona Studios, è il suo dolcissimo e meraviglioso comparto artistico. Ogni personaggio è disegnato con una cura a dir poco maniacale: ti guarda, ti osserva con un occhio un po’ grottesco e un po’ simpatico, come a volerti dire “Dolcetto o scherzetto?” per poi rapirti lungo quattro diversi stage, la cui difficoltà aumenta progredendo nell’avventura.
Se muori, si ricomincia da capo, come in ogni buon roguelike (qui a proposito, trovate i migliori roguelike disponibili su Xbox Game Pass). All’inizio, quando ho intrapreso il mio viaggio per salvare HallowTown e ritrovare lo spirito halloweensco andato perduto, il mondo di gioco mi ha letteralmente rapito, spronandomi a riprovare più e più volte la missione nonostante le diversi morti in cui sono stupidamente incappato. La sensazione era quella di esser tornato in sala giochi, pronto a spendere tutte le monete con l’unico obiettivo di arrivare ai titoli di coda. Con il passare delle ore però, una leggera ripetitività di fondo dovuta perlopiù a un crafting – dal punto di vista di chi scrive – non ben congegnato, mi ha smorzato l’hype di partenza.
Il baratto in HallowTown
Death or Treat funziona nei suoi elementi principali: il combattimento è piuttosto divertente e le boss fight tutto sommato impegnative, almeno nei primi tentativi. Tutto questo mentre fluttiamo all’interno di livelli in cui non manca una stuzzicante dose di platform. Il problema principale, come abbiamo già anticipato, è la parte legata al crafting. Qualsiasi negozio presente in HallowTown, dove è possibile comprare le tantissime armi o le utili abilità, richiede in cambio una combinazione, sempre diversa, del loot raccolto dai nemici. I semi di zucca si trovano principalmente nel primo livello droppati dai Frankestein con una zucca in testa; i nastri per capelli, un omaggio delle streghe, nel secondo e così via.
Tale sistema richiede di tornare più e più volte sui propri passi per ripetere uno stage con l’unico obiettivo di recuperare quel materiale fondamentale per avere in cambio l’agognato potenziamento. Avrei preferito, ad esempio, un sistema di crescita del fantasmino basato esclusivamente sulle caramelle – la moneta di scambio principale di HallowTown – e non sulla combinazione caramelle e loot: accumula più dolcetti che puoi e a quel punto, scegli cosa fare, se aumentare la salute o comprare quello scettro magico che tanto ti piace.

Inoltre, è possibile sfruttare anche i viaggi rapidi per superare incolumi i livelli. Tuttavia, lo sblocco di questi richiede specifici materiali, spesso gli stessi che servono per fare compere ad HallowTown. Capite bene quindi quanta mole di lavoro sia necessaria per trovare un equilibrio tra: incremento della vitalità, armi più forti, viaggio rapido, abilità e tanto altro ancora. Il rischio, in Death or Treat, è che il piacevole gameplay – malgrado l’assenza di scorciatoie e di un numero sufficiente di stanze per raccogliere i power-up temporanei, utili a dare maggiore imprevedibilità e varietà alle run – si smarrisca in questo loop continuo incentrato sull’accumulo del loot.
Death Or Treat: un buon inizio
Per Saona Studios, l’esordio con Death or Treat è più che positivo, anche solo per tutto il lavoro che c’è dietro una realizzazione così dettagliata di HallowTown e dei suoi folkloristici abitanti. Tutto è disegnato a mano e la qualità è davanti agli occhi di tutti. La progressione del protagonista, invece, sarebbe potuta essere più snella e immediata per permettere al giocatore di avventurarsi con più tranquillità nel pericoloso universo ideato dallo studio di Madrid.
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