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Emancipation di Antoine Fuqua: la recensione del primo film di Will Smith dopo lo schiaffo da Oscar

Il ritorno di Will Smith, a quasi un anno dalla disastrosa figuraccia agli Oscar 2022, è uno strano action sulla schiavitù che non ha la sottigliezza per raccontare i suoi argomenti.

Se non avessimo le prove che era già stato filmato e pronto prima dei disastrosi Oscar 2022, verrebbe da pensare che Will Smith abbia girato Emancipation, il nuovo film diretto da Antoine Fuqua e distribuito in esclusiva dalla piattaforma di streaming on demand Apple TV+, solo per farsi perdonare la figuraccia sesquipedale fatta in mondovisione con l’infame e celeberrimo schiaffo a Chris Rock.

Questo perché, nel raccontare la storia vera dello schiavo Gordon (chiamato “Peter” nel film), reso celeberrimo da una serie di fotografie scattate alla sua schiena nuda, coi pesanti segni delle flagellazioni inferte dalle frustate di un sorvegliante divenuto un primo esempio di ‘contenuto virale’ nel 1863, quando fornirono al movimento abolizionista la prova della bestiale crudeltà di schiavitù americana, Will Smith assurge a santo beato simbolo profeta che più santo beato simbolo profeta non si può, al punto che in una scena il film cala le braghe e ce lo mostra attraversare le acque in preghiera con un grosso bastone biblico tra le mani: siamo nelle paludi della Louisiana e non nel Mar Rosso, ma la sensazione è quella.

La passione di Will Smith, potremmo ribattezzarlo, anche per la fedeltà linguistica utilizzata nel racconto, tra haitiano e accento afro-americano delle piantagioni: ma al di là di una certa spettacolarità – che i più politicizzati tra i critici potrebbero anche arrivare a definire in senso negativo ‘spettacolarizzazione’, come in effetti è accaduto in patria – Emancipation non regge mai davvero il peso dei suoi intenti illuminati. Il film sembra trovarsi continuamente in stallo tra i bisogni dell’action coatto di Antoine Fuqua (non esattamente il più fine tra i cineasti, tra Attacco al potere e The Equalizer) e i sofismi dei drammi da Oscar sulla schiavitù post-Steve McQueen, con risultati raramente riusciti e quasi sempre risibili.

La scelta di virare l’immagine alla desaturazione più vicina possibile al bianco e nera grida Oscar 2023 in tutte le lingue del mondo, e ricorderebbe anche un po’ Schindler’s List per come illumina di tanto in tanto questo o quel dettaglio donandogli colore, se non fosse che il risultato ottenuto rassomiglia di più a Sin City (perché, nel suo orgoglio muscoloso, Fuqua si fa attrarre dal fuoco e dal sangue, non ha certo voglia di andare per il sottile). Qualcuno potrebbe pensare che la fotografia sia stata pensata per replicare il colore della vera immagine dello schiavo Gordon (facilmente reperibile online, come ogni cosa oggi) ma a giudicare dalla rapidità con la quale il film passa sopra a quella che dovrebbe essere una sequenza fondamentale ogni dubbio viene rapidamente fugato (tra l’altro la sequenza in questione ricorda da vicino un bellissimo film recente con Johnny Depp, Il caso Minamata, quello si in grado di tracciare un filo sottile tra la messa in scena e l’atto del fotografare).

E poi, ragazzi, c’è Will Smith: anzi, San Will Smith, visto che questa agiografia action quasi si risolve con la frase ‘la schiavitù è finita, andate in pace’. Altro che The Revenant (gli piacerebbe, ad Antoine Fuqua, è evidente che il modello utilizzato è Inarritu: ad un certo punto ci sarà anche un combattimento a mani nude con un alligatore), Fuqua nel suo delirio di onnipotenza (foraggiato forse dai 130 milioni di dollari di budget) sembra rifarsi ai paesaggi devastato dalla guerra de L’infanzia di Ivan di Andrei Tarkovsky e la poesia apocalittica di The Underground Railroad di Barry Jenkins.

Ecco però, in questo caso il consiglio è di andare a recuperare direttamente questi due titoli…manona di Will Smith permettendo.

Voto: 2,5/5

Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

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