
Final Fantasy XVI – Recensione di chi non giocava un FF dal 2010
Il mio pensiero fisso nelle ultime 5-6 ore di gioco, prima di giungere ai titoli di coda della nuova esclusiva PlayStation 5 targata Square Enix, è stato il seguente: “Non vedo l’ora di scrivere qualcosa su Final Fantasy XVI“. Il motivo dietro questa smania che non provavo da diverso tempo è molto semplice: ho cambiato così tante volte opinione sull’ultimo capitolo della saga di Final Fantasy che forse, ho pensato tra me e me, battere le dita sulla tastiera mi avrebbe permesso di schiarirmi le idee.
Come anticipato nel provato della demo di Final Fantasy XVI, non giocavo un FF dall’episodio XIII: non sono un grande amante dei giochi a turni e la svolta action abbracciata da questo nuovo capitolo, ha catturato inevitabilmente la mia attenzione (che poi era uno degli obiettivi dichiarati dalla produzione per allargarsi a un pubblico il più vasto possibile). Nei panni di Clive Rosfield – il protagonista di Final Fantasy XVI – ho esplorato in lungo e in largo Valisthea, perdendomi più volte nelle mie riflessioni ludiche e interrogandomi sul sistema di combattimento e la componente ruolistica; sull’esplorazione delle mappe e del mondo di gioco e su una storia che, seppur accostata più volte a GOT, per me non aveva nulla a che vedere con Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (se cercate un qualcosa di comparabile, rivolgete lo sguardo verso il solito Elden Ring).
Final Fantasy XVI: bella storia ma non è GOT
Apro un attimo una parentesi prima di proseguire: in questa recensione, non troverete lo spiegotto di tutta la trama di Final Fantasy XVI ma posso tranquillamente spedirvi al volo su Wikipedia se volete farvi un’idea. Chiusa la parentesi, voglio esordire subito in modo diretto: Final Fantasy XVI non è Game of Thrones. È vero, avevo pensato l’opposto mentre completavo la demo di due orette circa: tradimenti, intrighi, sesso, figli prediletti e non. Insomma, tutti sembravano pronti a pugnalarmi alle spalle al momento più opportuno.
Certamente, quella di FF16 è una scrittura decisamente matura (la schiavitù è una delle tematiche principali affrontate) e non mancano elementi che si “ispirano” alla saga fantasy di Martin: ad esempio, uno scenario politico in continua evoluzione, un regno il cui dominio è conteso da diverse fazioni in guerra fra loro – se non capite cosa sta succedendo, potete sempre visionare l’Active Time Lore, un compendio che tiene traccia di tutti gli eventi accaduti, dei personaggi e degli schieramenti coinvolti – con le diverse pedine della scacchiera di Valisthea che cadono una dopo l’altra, grazie alle eroiche e ribelli gesta compiute dall’unico vero protagonista di Final Fantasy XVI: il già citato Clive Rosfield.

Dal mio punto di vista, l’accostamento tra FFXVI e GOT funziona molto bene come specchietto per le allodole: attirare più giocatori possibili attraverso un combat system particolarmente frenetico e immediato e una storia fantasy con molteplici protagonisti, comparabile a quella scritta da George Martin e lanciata poi in tv da HBO diversi anni dopo. Invece, la narrativa di Final Fantasy XVI, pur tentando la via della coralità, si rivelerà perlopiù Clivecentrica: il cammino dell’eroe dai poteri sopiti che, proseguendo nell’avventura, scoprirà di essere l’unico in grado di salvare il mondo.
Una storia Clivecentrica
Tutto ha inizio da una ferita nel cuore di Clive così dolorosa da spingerlo alla ricerca della più classica vendetta che, invece di placare per sempre la sete di rivalsa, dischiuderà un’amara verità, capace di far crollare psicologicamente anche il più forte dei condottieri. Ed è proprio nel momento più difficile da affrontare che mettono piede sul palco gli altri attori di Final Fantasy XVI, i quali tenteranno di farsi in parte carico del peso che il protagonista si trascina con sé.
Saremo gli spettatori attivi di una grande epopea fantasy che confeziona anche un discreto racconto corale: Jill ad esempio, il personaggio che ci accompagnerà per quasi tutta la durata della campagna, è una figurina messa lì a nostro supporto in game e di cui avrei voluto scoprire molto più di quanto ci viene svelato in un paio di snodi cruciali dal forte impatto emotivo. La situazione migliora con gli antagonisti principali che affronteremo per le trenta e più ore necessarie a completare l’opera: penso a Beneditka, Anabella Rosfield e a Dion Lasage, quest’ultimo forse, il personaggio secondario più riuscito e con il miglior arco narrativo.

La storia di Final Fantasy XVI vince e fa centro quando si focalizza sull’ascesa di Clive Rosfield e sul rapporto con il fratello Joshua: una toccante relazione che irrompe proprio nello stesso istante in cui conosciamo per la prima volta il vero villain del titolo. Un racconto messo in scena attraverso potentissime cutscene dalla maestosa regia, pronte a bucare lo schermo e a lasciare senza fiato (peccato invece per i dialoghi di intermezzo).
Sopravvivere a Valisthea
Ma come si maneggia la spada in Final Fantasy XVI? Il discorso è lungo e complesso: non ho trovato così tante similitudini con Devil May Cry o Bayonetta ma non nascondo di essermi comunque divertito come un pazzo a menare in giro e ad affrontare i tantissimi boss e mini boss che hanno provato a intralciare il mio cammino. I meriti vanno alla barra della stabilità del nemico che ci permette, una volta esaurita, di riempirlo di mazzate massimizzando i danni inflitti; alla schivata nell’istante prima di un attacco (l’alternativa al parry) a cui fanno seguito devastanti contrattacchi e agli Eikon, otto in tutto ed equipaggiabili fino a tre contemporaneamente, poteri e abilità fuori dal comune da attivare in battaglia (tempo di ricarica permettendo). Mentre prendo appunti per la recensione, compare una viverna.
Metto insieme tre schivate di fila e, a suon di contrattacchi, rompo la prima metà della barra dell’equilibrio del mini boss. Switch dell’Eikon per scegliere quello di Garuda ed esaurire così ciò che rimane della sua stabilità (l’Eikon migliore se prediligi uno stile di gioco incentrato sulla rottura della guardia). Cambio di nuovo potere e a quel punto, con la viverna indifesa, metto in fila quattro attacchi speciali di due Eikon diversi che causano notevoli danni se potenziati a dovere: Fulmine del Giudizio e Fiamme della Rinascita. In pochi istanti il mini boss va ko e l’unica cosa che puoi urlare a quel punto è “Polverizzato! Polverizzato!“.

Per replicare questo tipico scenario, non è necessaria chissà quale abilità superiore con il joystick. Ed è proprio qui il punto del sistema di combattimento di Final Fantasy XVI: tutti possono trarre della genuina onnipotenza da un combat system fatto per venire incontro sia ai più esperti – salto sulla testa del mob, attacchi veloci uno dietro l’altro, proiettile magico caricato e sparato, cambio dell’Eikon in aria per usare quello che attira a noi i nemici e continuare le combo senza aver rimesso piede a terra – sia ai neofiti, perché gli Eikon sono davvero potenti e di fatto, basta aspettare che si ricarichino per poterli usare all’infinito.
I problemi degli Eikon
Non ci sono valutazioni tipiche degli stylish action alla fine di ogni scontro: le mosse base son comunque limitate e bisogna ingegnarsi parecchio per concatenare gli attacchi e dare così vita a combo spettacolari per pura goduria personale, magari sfruttando anche un Eikon e i vantaggi che riesce a darci sul campo. È importante anche sottolineare però come la difficoltà di gioco, fatta eccezione per la boss fight finale, non sia di certo tarata verso l’alto.
Tuttavia, ho avuto i miei momenti di riflessione post azzuffata perché non sono riuscito a intuire come avrei voluto i pattern avversari. Di conseguenza, consapevole di aver concluso una battaglia sotto i miei standard, ho proseguito nell’area successiva incazzato come una iena e pronto a ritrovare il giusto ritmo di combattimento. Col tempo, ho compreso l’importanza degli AOE quando i i soldati o i mostri selvaggi sono tanti e privilegiato invece gli Eikon con attacchi speciali che infliggono un danno significativo al singolo nemico, specialmente contro gli innumerevoli boss.

Fin qui, nessun problema penserete voi. In realtà, il grosso limite che ho trovato nel combat system di Final Fantasy XVI è il tempo che impiega per aprirsi alle sue infinite possibilità: ci sono almeno venti ore di gioco tra voi e il possesso di un buon numero di Eikon e, una volta che ne avrete ottenuti almeno cinque, sarà comunque più probabile che decidiate di proseguire su strade a voi note, applicando la stessa strategia che fino a quel momento si è rivelata vincente, piuttosto che provare nuove combinazioni di abilità speciali, anche per via di un livello di difficoltà complessiva che di certo non invoglia a sperimentare.
Esplorare Valisthea
Siamo quasi giunti al termine eppure, anche in merito alla struttura delle quest e del mondo di gioco, le cose da dire non mancano di certo. Immaginate di trovarvi all’interno di un meraviglioso territorio da visitare in tutta la sua sconfinata bellezza. Bene, ora che lo avete immaginato, scordatevelo: l’esplorazione è, con tutta onestà, ridotta all’osso. Quando si tratta di affrontare i dungeon principali, pensate a una serie di arene lineari che si susseguono fino alla boss fight.
Negli spazi aperti la situazione non è che migliori più di tanto, anzi forse è per certi versi peggiore: Valisthea è vuota e provare a perdersi per raggiungere un edificio abbandonato che abbiamo avvistato mentre ci spostavamo da A a B, non regalerà quelle soddisfazioni tipiche di chi abbandona il percorso principale per seguire qualcosa di misterioso che per qualche ragione ha attirato la sua attenzione.
Sia che si parli di quest secondarie o principali (quelle che richiedono una qual certa interazione con altri personaggi), la costruzione della missione è molto scolastica: interroga tizio, caio e sempronio, recupera le informazioni e prosegui nell’incarico.
La storia soffre, principalmente nella sua fase centrale, di problemi di ritmo e il design complessivo delle quest di certo non aiuta: vorresti affrontare il bestione che sta per distruggere il mondo e invece, per liberare la strada verso il tuo obiettivo, sei costretto a parlare con diversi NPC e risolvere richieste minori piuttosto banali. Lo step successivo: perché mai perdere tempo con l’ennesima secondaria quando sono finalmente arrivato ad assaltare quella città?
Inoltre, c’è qualcosa di strano nella scrittura di alcune quest che, per certi versi, è anche piuttosto alienante: ecco un esempio per farvi comprendere bene ciò che intendo. Un personaggio importante che stiamo cercando è misteriosamente scomparso e dobbiamo dunque salvarlo. Ci lasciamo alle spalle i cancelli della città, percorriamo qualche metro per trovarlo su un ponte, seduto, ferito e in difficoltà. Nessuno, prima di me, è riuscito ad avvistarlo e identificarlo? Possibile? In questi frangenti, si perde un po’ di immersione negli eventi: quando Final Fantasy XVI decide di accelerare, toglie il fiato e pertanto, cadere in un quest design sinceramente piuttosto datato, lascia ancora di più l’amaro in bocca.
Final Fantasy XVI: GDR sì o no?
Progressione ruolistica del personaggio che bene o male trova spade e armature semplicemente completando le missioni principali, accumulando soldi e materiali dalle semplici uccisioni dei nemici? Musica per le mie orecchie, non devo fare praticamente nulla. In Final Fantasy XVI non ho mai dovuto digitare sulla ricerca di Google, “arma più forte in Final Fantasy XVI“. Tutto è estremamente lineare e se per me questo non si è rivelato un problema, capisco anche chi invece vorrebbe sbizzarrirsi nel creare la build più adatta al proprio stile di gioco.
Esplorare o completare le missioni secondare poi, come spiegato nel precedente paragrafo, non è che aiutino più di tanto: le ricompense sono ridotte all’osso e di conseguenza, il primo istinto è quello di perdere il minor tempo possibile a vagare senza meta perché la voglia di procedere nella storia è tantissima. Difficile poi che l’equipaggiamento a disposizione non sia più che sufficiente per sopravvivere all’ennesima battaglia – non devi essere mai passato dal fabbro per trovarti in una situazione simile – e, completata la quest, avremo quasi sicuramente trovato qualcosa di utile per forgiare un nuovo spadone. Non ho mai avuto problemi di denaro per tutto il gioco!
Final Fantasy XVI ha indubbiamente le sue imperfezioni – su tutte, la struttura delle quest secondarie e di alcune principali e l’esplorazione – ma è anche una grande avventura, toccante e ben scritta, da vivere con il groppo in gola mentre proviamo a tirare fuori il meglio da un sistema di combattimento complicato il giusto ma che non sfocia mai in quei tecnicismi alla DMC. Per me, la componente ruolistica non è un difetto ma capisco anche chi avrebbe voluto di più. Si parlava di rinascita della saga, come una Fenice che risorge dalle proprie ceneri: l’inizio è sicuramente più che incoraggiante.
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