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Killers of the Flower Moon Recensione

Killers of the Flower Moon – Recensione del film di Martin Scorsese

Abbiamo visto in anteprima Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio e Robert De Niro: la recensione

Prendete l’ultima ora di The Irishman con quel Robert De Niro in cupio dissolvi e ampliatela ad un film di tre e ore e mezza nei panorami crepuscolari degli Anni Venti. Recuperate le atmosfere meditabonde di Silence e dimenticate quelle frenetiche di Quei bravi ragazzi e Casino, ripensate poi al Leonardo DiCaprio infiltrato di Gangs of New York e The Departed e inserite il suo personaggio (più scemo di quello di Griffin Dunne in Fuori orario) nel contesto spirituale di Kundun: avrete un’idea solo superficiale di che cosa sia davvero Killers of the Flower Moon, l’ultimo film di Martin Scorsese, forse il più affascinante, contraddittorio e in assoluto il più complesso – specialmente per il grande pubblico – di tutte le opere realizzate dal maestro newyorkese nel XXI secolo (qui trovate il trailer d’annuncio di Killers of The Flower Moon).

Un tardo-western rarefatto e senza ritmo, anzi anti-ritmo, un non-thriller che rinuncia alla detection svelando fin da subito vittime e carnefici (la sceneggiatura è basata su una vicenda realmente accaduta e Scorsese scopre le carte dal minuto zero, in un prologo che sembra quello de Il petroliere che ha però rinunciato alla sua inimitabile asciuttezza per farsi cupo e solenne, come cupo e solenne sarà tutto il film). Un anti-gangster focalizzato sull’inumanità che deve esistere da qualche parte nel corpo di un gangster per fargli compere gli atti che lo identificano come tale.

Un film inaspettato, sorprendente e anti-divistico, spietata operazione di stillicidio che restituisce un’idea di cinema perfettamente in linea con il Martin Scorsese degli ultimi anni – quello della crociata contro i blockbuster hollywoodiani, in particolare i film di supereroi – ma pochissimo adatta al grande pubblico.

Il secondo Trailer ufficiale di Killers of the Flower Moon

Killers of the Flower Moon: lamento funereo

Tratto dall’omonima opera best seller di non-fiction scritta da David Grann (autore dal quale Scorsese dovrebbe trarre anche il suo prossimo film, The Wager, inchiesta che ricostruisce la storia di un vero ammutinamento del 1700), Killers of the Flower Moon mette in scena gli eventi che portarono al cosiddetto “regno del terrore”, quando nel 1920, nella contea di Osage, decine di membri della tribù indiana furono assassinati in circostanze misteriose dopo la scoperta del petrolio nelle loro terre. Petrolio che da un giorno all’altro aveva reso i nativi immensamente ricchi.

Chiaramente, questo aumento dei flussi di denaro portò i bianchi a stabilirsi a Osage, ufficialmente come sottoposti degli indiani (autisti, tuttofare, mariti di donne indiane ereditiere di immense concessioni) ma ufficiosamente come burattinai, manipolatori, ingannatori, assassini: tra tutti, il leader politico William Hale (De Niro), ricco latifondista finto beniamino degli indiani che per tutta la vita ha ‘segretamente’ – ma alla luce del giorno – sabotato le loro operazioni, spingendosi ben oltre i metodi gangsteristici al fine di impadronirsi dei beni dei nativi e agendo come un vero e proprio Padrino di un’associazione criminale macchiatasi di crimini terribili ed efferati in nome del profitto.

Killers of the Flower Moon Recensione 1

Non temete, non si tratta di uno spoiler ma del succo della faccenda: la storia è nota, specialmente negli Stati Uniti, e Scorsese la palesa già nei primi minuti quando il nipote di Hale Ernest (DiCaprio) viene sostanzialmente incaricato di sedurre e sposare Mollie Burkart (Lily Gladstone), figlia maggiore della famiglia Osage più ricca del territorio, al solo scopo di impadronirsi della sua eredità e portarla alla famiglia Hale (a proposito di personaggi dei Film di Martin Scorsese, ecco i 5 migliori).

Uno Scorsese spiazzante

L’idea di Martin Scorsese è spiazzante perché unica, nel senso di mai vista prima: questo film di gangster che film di gangster non diventerà mai, agendo principalmente nei campi del dramma ma abbracciando spesso e volentieri la commedia nera, travalica l’epica dell’incontro/scontro tra i popoli (si potrebbe stilare una lunga lista di paragoni con I cancelli del cielo di Michael Cimino, ma solo superficialmente) per guardare con assoluto patetismo e profonda vergogna ai bianchi, ai maschi, ai criminali. Sono tutti degli inetti e Killers of the Flower Moon ride di loro mentre dedica un lamento funebre alla fine di un’America pura (quella degli indiani) assediata coi sorrisi, con le gentilezze, con le promesse d’amore.

Nemmeno negli Anni Settanta, durante il periodo del revisionismo western – quando Hollywood incominciò a fare film di protesta raccontando il Far West dal punto di vista degli indiani e delle atrocità dei bianchi per creare un parallelismo con la guerra del Vietnam – culminato con il romanticismo di Balla coi lupi, si era visto qualcosa di così morboso e funereo nel dipingere la spietatezza della presa dei poteri dei bianchi, qui doppiamente disarmante perché arrivata non nei territori di frontiera (terra apocalittica per eccellenza come insegna Meridiano di sangue di Cormac McCarthy) bensì nel cuore pulsante dell’America, tra i cavilli delle sue leggi, sul nero e bianco dei contratti firmati e depositati.

Killers of the Flower Moon Recensione 2

Privo di pathos e spesso spiritoso e agghiacciante proprio per questo, Killers of the Flower Moon è la storia di un branco di lupi camuffati da pecore che svelano la loro vera identità solo di quando in quando (notate come Scorsese filma quei pochi omicidi che sceglie di mostrarci, guardate la banale freddezza con cui vengono rappresentati, sempre a figura intera come sul palco di un teatro), raccontata dal punto di vista di una storia d’amore maledetta.

Il sentimento del personaggio di Leonardo DiCaprio per quello di Lily Gladstone è probabilmente vero (l’ambiguità con cui viene tratteggiato il protagonista è davvero rara, per una produzione da 200 milioni di dollari) ma così seppellito sotto gli automatismi dei soprusi dell’uomo bianco verso la donna ‘pellerossa’ da manifestarsi come ormai irrimediabilmente distorto (sopraffino il modo in cui ci viene raccontato l’amore di lei verso di lui, titubante ma resistente nonostante tutto).

Leonardo DiCaprio Lily Gladstone

Killers of the Flower è un passo ulteriore verso la fine dei generi, nella mentalità scorsesiana, rispetto a The Irishman (che si limitava a remixare il cinema giovanile dell’autore, con un dubbia CGI che mangiava gran parte dei 250 milioni di budget che in Killers, invece, si vede tutto nelle scenografie). Un film testamento che conclude un percorso avviato con Silence: una marcia funeraria accompagnata dalle note spettrali di Robbie Robertson per una storia che ha definito un’epoca e che questo tipo di cinema, che non esiste più da nessuna parte e che forse il solo Scorsese oggi può permettersi, sa rendere allo stesso tempo classica e contemporanea.

VOTO: 4,5/5

Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

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