
La Sirenetta Recensione: il remake live-action del film Disney
Remake del 28esimo Classico Disney uscito nel 1989 per la regia di Ron Clemens e John Musker a sua volta ispirato alla fiaba originale di Hans Christian Andersen, La sirenetta di Rob Marshall è il nuovo film live-action Disney ad arrivare sul grande schermo dai tempi di Maleficent 2 – Signora del Male (2019), dopo che i successivi Lilli e Il Vagabondo, Mulan, Crudelia, Pinocchio e Peter Pan & Wendy (qui trovate la nostra recensione in tre righe di Peter Pan & Wendy) sono tutti passati per il piccolo schermo della piattaforma di streaming on demand Disney+.
La Sirenetta racconta l’amata storia di Ariel (Halle Bailey), una bellissima e vivace giovane sirena in cerca di avventura. Ariel, la figlia più giovane di Re Tritone (Javier Bardem) e anche la più ribelle, desidera scoprire di più sul mondo al di là del mare e, mentre esplora la superficie, si innamora dell’affascinante principe Eric (Jonah Hauer-King). Alle sirene però è vietato interagire con gli umani, ma Ariel deve seguire il suo cuore e stringe un patto con la malvagia strega del mare Ursula (Melissa McCarthy), che le offre la possibilità di sperimentare la vita sulla terraferma, mettendo però in pericolo la sua vita e la corona di suo padre.
La Sirenetta: in fondo al mar
Affrontiamo subito il tasto dolente, perché non tutto è da buttare via in questa nuova fatica del grande uomo Disney Rob Marshall (mitico regista di Chicago che ormai lavora in pianta stabile per la Casa di Topolino, e qui cita palesemente il suo Pirati dei Caraibi): l’elefante nella stanza è ovviamente Avatar: La via dell’acqua di James Cameron che ha elevato il blockbuster contemporaneo in maniere che La Sirenetta non riesce neppure a concepire.
Fossero usciti a date invertite probabilmente il remake del Classico Disney ci sarebbe apparso più autentico, ma oggi a quasi sette mesi dal secondo capitolo della saga ambientata su Pandora, e nello specifico negli oceani di Pandora, i mari di Re Tritone e Ariel e Ursula e il principe Eric trovano un senso di autenticità solo nelle scene sulla terraferma, quando appare lontano sullo sfondo. Allo stesso modo le creature marine che lo popolano non reggono il confronto, e la scelta di accentuarne i tratti realistici non paga come nel remake de Il libro della giungla o in quello de Il re leone. Qui, quando va bene, i granchi e i pesci e i pennuti sembrano mutazioni genetiche create dall’Alto Evoluzionario di Guardiani della Galassia 3 e le sequenze che li vedono di contorno assumono tratti paradossali, se non inquietanti.

Altra bastonata sui denti (o meglio ai timpani) te la da il doppiaggio, da processo di Norimberga: anche l’anteprima stampa ci ha privato della versione originale, quindi il giudizio definitivo è da rinviare ad una prossima seconda visione tra home-video o Disney+.
La consacrazione di Halle Bailey
Ma per suscitare il desiderio di un rewatch, evidentemente il remake de La sirenetta ha i suoi punti di forza. Primo tra tutti è sicuramente Halle Bailey, creatura divina fuori dalla grazia dei cieli (e dei mari) che interpreta un’Ariel innocentemente sensuale, sirena graziosamente ammaliante e ingenuamente attrattiva, corpo e figura in tutto e per tutto dominante nel rapporto a due tanto coll’amato principe (un Bello Addormentato che incarna alla perfezione tutte le insicurezze del non-maschio contemporaneo, o babbeo o in balia di fronte alla figura femminile) quanto col retrogrado padre (emblema dell’uomo di ieri che dovrà fare a patti con la nuova visione del mondo portata dalla prossima generazione).
Certo 130 minuti e oltre contro gli appena 82 del film animato originale si sentono tutti, e a perderne è soprattutto la storia d’amore tra Ariel e Eric: è la cosa migliore di tutto il film, ma arriva troppo lontana dall’inizio e passa in un lampo. Con un po’ di coraggio in più, un taglio di mezz’ora e tanto mare finto in CGI in meno, La sirenetta avrebbe potuto ambire alla perfezione nel genere (perché ormai è un genere, o almeno un’etichetta) del remake live-action.
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