
Loki Stagione 2 Recensione: una fantascienza davvero Marvel
Non sono minimamente d’accordo con la vulgata popolare secondo cui i Marvel Studios abbiano iniziato a perdere colpi. Purtroppo sono abbastanza vecchio da ricordare le critiche mosse al primo Avengers del 2012, quando molta stampa internazionale (e molti nerd universali) si lamentò (lamentarono) del fatto che il grande evento crossover non fosse stato suggellato da una morte importante – qualcuno chiedeva già all’epoca la fine prematura di Iron Man – e la devastante invasione aliena di New York si fosse risolta con una cena tra amici nell’immancabile scena post-credit. Risultato?
Qualche tempo dopo arrivò Avengers: Endgame, ad Iron Man fu concessa una delle più iconiche morti della storia del cinema, Robert Downey Jr tornò allo status di superstar e il film divenne il maggior successo commerciale di sempre (prima del controsorpasso di Avatar di James Cameron). In definitiva, aveva ragione Kevin Feige.
Ora, posto che sia se non sbagliato quantomeno ingiusto paragonare la Fase 4 del MCU al mega successo arrivato con l’apice della Saga dell’Infinito perché una contrazione era ampiamente prevedibile in vista della ripartenza del franchise con la Saga del Multiverso, a forza di fare i conti, forse, ci si è persi per strada i tanti nuovi spunti inseriti dai Marvel Studios nella grande narrazione in eterno divenire della saga ma, per fortuna, è tornata la serie tv Loki a ribadirli con la sua stagione numero 2.
Loki Stagione 2: il tempo vola
Dopo gli eventi della prima clamorosa stagione – una plongée sull’intero Marvel Cinematic Universe, con la mdp ben posizionata in modo da inquadrare tutto il tempo (e i tempi) della storia del franchise raccontato fino ad allora e già sperimentale nel suo meta-concept pre-rotturadellaquartaparete di She Hulk che sembrava portarci non tanto nei set della Marvel (come invece accadeva in certi passaggi di WandaVision) quanto proprio negli uffici dei produttori, nelle sedi del potere e tra le scrivanie delle menti che tessono le trame della saga più popolare dell’ultimo decennio – Loki 2 riprende la storia di Loki, Moebius, Kang il conquistatore e la Sacra Linea Temporale, facendo compiere alla Saga del Multiverso un bel passo in avanti (da guardare insieme ad Ant-Man & The Wasp: Quantumania).
Tra determinismo e alterità, anche in questa stagione 2 l’impianto filmico sembra voler fare un passo indietro o una pausa, per mostrarci la creazione mentre viene creata dai suoi creatori e, al contempo, riflettere sul suo stesso fine ultimo. Nella prima stagione al protagonista venivano proposti i copioni della sua vita da firmare come fossero un contratto per la grande recita in continuo allestimento e Loki era chiamato a ragionare e a interrogarsi sul significato dell’essere villain e sulle motivazioni che lo avevano guidato lungo il suo percorso (andando a proiettare addirittura le scene cult e i momenti fondamentali che lo avevano reso un’icona). Loki 2 continua questa impostazione meta-testuale con la quale la Marvel sembra voler ragionare su se stessa e la propria opera.

Come accade sempre nei film della Pixar le immagini riprodotte diventano lo strumento per condensare un intero vissuto e spiegarne il significato (da ricordare nella prima serie quella sequenza che sembrava presa pari pari dal primo epocale Toy Story) e non a caso in questa seconda stagione (stesso livello di action, stesso livello di pathos, stesso livello di ragionamento sul concept) si parlerà di ruoli da recitare, cliché da interpretare, parti in cui immedesimarsi.
La frantumazione del tempo
Il non-luogo della Time Variance Authority – che è appunto la quinta del MCU, un controcampo ancora più ardito rispetto a quello della sitcom in tempo reale di WandaVision perché idealmente puntato dentro l’ufficio dello stesso Kevin Feige, dove le Gemme dell’Infinito non contano più niente, tanto da diventare gingilli da scrivania, dei semplici gadget da scambiarsi tra colleghi – è l’hub centrale da cui osservare la frantumazione del tempo, che più che relativo qui è multi-relativo, con sceneggiature e scene di montaggio che giocano a creare loop infiniti e riscrivere le regole delle storie di viaggi nel tempo e i loro paradossi.

Grande epopea di fantascienza pura, grandi attori (staccato dal tempo è anche Jonathan Majors, che torna nel ruolo delle Varianti di Kang il Conquistatore con una prova di tic nervosi mentre nella vita reale extra-set si gioca la carriera in tribunale grazie a questa meravigliosa neo-cultura del ‘colpevole fino a prova contraria’) e grande spettacolo. La Saga del Multiverso continua – si, continua e non inizia – a fare centro.
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