
NBA: i Migliori Buzzer Beater nella storia dei playoff
Puntata numero 11 per il Podcast Quattro Quarti – L’NBA in 48 minuti, da ascoltare sotto l’ombrellone: oggi vi raccontiamo i nostri buzzer beater preferiti realizzati durante i playoff. Come sempre, se vi siete persi l’episodio precedente, dedicato all’In Season Tournament NBA e alle modifiche sulle regole del Flopping e del Challenge, potete recuperarlo qui.
Di seguito, la nostra classifica completa sui migliori Buzzer Beater, qualora vogliate spoilerarvela altrimenti, l’appuntamento è come sempre in cuffia. Vi ricordiamo, infine, che se ci volete supportare, potete cliccare su “Segui“, sulla nostra pagina Spotify. Buon ascolto e soprattutto, buone vacanze da Andrea & Luca.
5) Kawhi Leonard vs Philadelphia 76ers
Kawhi Leonard arrivò a Toronto decisamente controvoglia, tuttavia, come abbiamo imparato nel corso di questi anni ad ammirare il nostro sport preferito – o ancora meglio, come abbiamo imparato sulla nostra pelle vivendo ogni giorno di questa vita – non sai mai cosa può riservarti il futuro.
In quei 4 secondi prima della sirena dell’ultimo quarto di Gara 7 della finale di Eastern Conference tra Toronto Raptors e Philadelphia 76ers, Kawhi Leonard capisce che è giunto il momento di diventare una leggenda di questo sport scrivendo la storia dei suoi Toronto Raptors. L’ex stella dei San Antonio Spurs attacca il ferro e, braccato da Joel Embiid e Ben Simmons, si sposta verso l’angolo destro del campo. Si arresta a due tempi come ti viene insegnato da un qualsiasi coach al terzo giorno di allenamento, salta e fa partire il tiro. Il pallone si dirige dolcemente verso il ferro e nel momento esatto in cui l’arancia tocca l’anello di metallo, il tempo si blocca, anzi, tutto il mondo si blocca ad osservare quella sfera che rimbalza non una, non due, non tre bensì quattro volte prima di decidere la sorte delle due squadre.
Leonard intanto guarda tutto quasi ingonicchiato, come se il piegamento delle sue gambe potesse conferire la giusta inerzia al tiro. Alla fine, quella palla maledetta che ha sempre l’ultima parola in ogni partita, decide di entrare. Il tempo ricomincia a scorrere per tutti i giocatori dei Raptors e per quelli dei 76ers, per il pubblico a casa e quello sugli spalti, tutti testimoni dell’ennesimo capolavoro del giocatore da Los Angeles. Il dramma contro la festa, i Toronto Raptors sono in finale NBA.
4) Ray Allen vs San Antonio Spurs
Ray Allen nella sua carriera da giocatore NBA ha tentato 7.429 tiri da tre punti, realizzandone 2.973. Un numero di tiri impressionante che lo posiziona al terzo posto nella classifica All-Time dei tentativi da dietro l’arco, dietro solo a Stephen Curry e James Harden. Tutte le volte che il nativo di Merced si alzava per tirare, sapevamo che quel delizioso cioccolatino avrebbe attraversato la retina, rilasciando poi quel suono che tutti noi vorremmo ascoltare ad ogni nostro tiro. Insomma, He Got Game ne ha segnate tantissime di bombe da tre punti nella sua scalata al successo ma se dovessimo chiedergli qual è quella più importante della sua carriera, con ogni probabilità ne indicherebbe solo una.
I Miami Heat erano quelli dei Big Three, LeBron James, Dwayne Wade e Chris Bosh, un terzetto che per certi versi rivoluzionò il modo di costruire squadre che potessero puntare al titolo. Dall’altra parte invece c’era la tradizione, la squadra costruita un mattoncino alla volta in anni e anni di vittorie e titoli NBA, la così detta Dinastia. I San Antonio Spurs avevano la pallina del matchpoint sulla racchetta, avanti 3 a 2 in Finale NBA ed effettivamente, quella vittoria sembrava davvero essere alla portata, sopra di tre punti a 15 secondi dalla sirena dell’ultimo quarto con LeBron che si incarica di prendere il tiro del pareggio che però si infrange sul ferro.
Il destino vuole – perché oggi, in questa classifica, non si può tenere il destino fuori dalla discussione – che il giocatore forse con più cuore dei Miami Heat, Chris Bosh, decida di combattere ancora un’ultima volta: salta sulla testa di Ginobili e Danny Green e riesce con successo a rubare il rimbalzo. Contemporaneamente, Ray Allen si sposta in angolo mentre mancano 6 secondi al suono della sirena. Riceve il pallone da Chris Bosh, mette a posto i piedi e con una velocità di esecuzione fuori da ogni logica e rilascia uno dei 2.973 cioccolatini di cui parlavamo all’inizio. Il suono? Lo stesso ciaf a cui alludevamo sopra che spedisce tutti all’Overtime. Miami vincerà poi Gara 6 ai supplementari e la successiva Gara 7, diventando Campione NBA 2013.
3) Robert Horry vs Sacramento Kings
Flavio Tranquillo, nella telecronaca di Gara 1 di finale di Western Conference 2002 tra Los Angeles Lakers e Sacramento Kings, esordiva ai microfoni di Tele + dicendo che, secondo la gran parte degli addetti ai lavori, quella tra queste due squadre sarebbe stata la vera e autentica Finale NBA, con buona pace dei Nets e dei Boston Celtics. Ed effettivamente, le due franchigie Californiane erano una di fronte all’altra giocando per la storia: i Lakers di Kobe, Shaq e Phil Jackson per il Three Peat mentre i Kings di Chris Webber, Mike Bibby, Vlade Divac e coach Rick Adelman per un’incredibile finale dopo aver dominato la Regular Season.
Su quella Finale di Western Conference, Netflix potrebbe costruirci tranquillamente una Serie Tv sulla scia del successo di The Last Dance (qui trovate i Migliori Film e Serie Tv Sul Basket): gli aneddoti e i racconti si sprecano, come il famoso hamburger avariato mangiato da Kobe nella notte tra Gara 1 e Gara 2 a Sacramento, i 27 liberi tirati dai Lakers in Gara 6. Il vostro Maestro Zen intanto, Coach Jackson, è completamente in bambola, incapace di trovare uno scudo alle magie tattiche di Rick Adelman che permettono ai Kings di mettere la testa avanti in Gara 3 ed essere a un passo dal vincere anche Gara 4. Sì esatto, a un passo, perché sulla loro strada si interpose un signore che ha chiuso la sua carriera cestistica con diversi anelli NBA al seguito.

Il destino, ancora una volta, torna con prepotenza anche in questa narrazione. Nell’ultimo possesso di Gara 4 con i Lakers sotto di 2 a 7 secondi dalla fine, la palla in mano ce l’ha proprio Kobe Bryant che batte Doug Christie dal palleggio ma non Vlade Divac che intralcia in modo del tutto regolare il terzo tempo del Black Mamba. Shaquille O’Neal cattura il rimbalzo e paradossalmente non riesce a finire quello che sa fare meglio di qualsiasi altro giocatore della Lega: segnare da sotto. Di nuovo ferro e a quel punto Divac, disperato, probabilmente alla cieca, da uno schiaffone allo Spalding arancione.
Il destino decide che quella sporca smanacciata si riveli il miglior assist possibile per Robert Horry che riceve il pallone dopo essersi appostato come un cecchino dietro la linea da tre punti. L’ala dei Lakers si alza e lascia andare la cannonata con la stessa tranquillità di chi al campetto fa l’ultimo tiro della giornata quando tutti son tornati a casa. Il telecronista di ESPN urla “Horry for the wiiin” e poi un’esplosione, la bomba atomica detona allo Staples Center. I Lakers vincono Gara 4 impattando sul 2 -2 la serie che vinceranno poi in un’indimenticabile Gara 7.
2) Michael Jordan vs Utah Jazz
I Chicago Bulls e gli Utah Jazz si sono affrontati nella finale NBA del 1996 – 1997 con i Bulls di Jordan che escono vincitori, bissando il titolo dell’anno prima. Facciamo un salto avanti di un anno: 1997 – 1998, ancora Chicago Bulls – Utah Jazz. È l’ultimo ballo per la dinastia Bulls, si vince quest’anno e poi si ricomincia a costruire anche perché, Michael Jordan con ogni probabilità si ritirerà per la seconda volta dal basket giocato e questa volta sembra essere quella buona che non tornerà più.
Si arriva a Gara 6 con i Bulls avanti 3 – 2 sugli Utah Jazz e match point in trasferta. Salt Lake City è una bolgia: se vi andate a rivedere quella gara 6 con la telecronaca di Flavio Tranquillo e Federico Buffa, sentirete quanta fatica faccia il duo italiano a parlare, costretti a urlare per sovrastare il tifo del pubblico di casa. La partita è una magnifica ressa: Rodman e Karl Malone che si gonfiano dal minuto uno al minuto quarantotto; Pippen è dolorante con la schiena e gioca tutta la gara si e no al 50% con il solo Jordan che prova a tenere banco contro una squadra che sembra decisa a pareggiare la serie sul 3 – 3 e a chiudere i conti nella decisiva Gara 7. Jordan questo lo sa bene e infatti, vuole provare a tutti i costi a portare a casa vittoria e titolo NBA.

Tutto si decide nell’ultimo minuto del quarto quarto: parità sull’83, Malone è come al solito nel suo ufficio, il post basso, riceve palla mentre il suo fedelissimo John Stockton taglia l’area mettendosi dal lato opposto alla stella dei Jazz, inspiegabilmente abbandonato da Ron Harper. Il Postino lo vede, riesce a fargli arrivare il pallone e Stockton, senza farsi pregare, segna 3 punti fondamentali. Non c’è tempo da perdere, Jordan prende palla a metà campo dopo il time out chiamato da Jackson, attacca il canestro e regala il meno 1 ai suoi.
A questo punto, la mente di Jordan è uno, due, tre passi avanti rispetto agli altri 9 giocatori in campo. Sa già che Utah avrebbe giocato lo stesso schema dell’azione precedente: serie di blocchi per liberare Malone e farlo ricevere in post. Succede esattamente questo e Jordan, che aveva già visto tutto, sbuca alle spalle dell’ala dei Jazz e gli strappa via il pallone. Il resto è storia: il movimento a U, come lo definisce Federico Buffa, con cui Jordan manda al bar il povero Byron Russel è stato ritirato insieme alla maglia 23 dei Bulls. Con il difensore a terra, Michael si stacca dal parquet e segna i due punti forse più facili della sua carriera: i Chicago Bulls vincono 87 a 86 e sono di nuovo campioni NBA.
1) Kobe Bryant vs Phoenix Suns
Siamo nel 2006, in piena ricostruzione post Shaquille O’Neal per i Los Angeles Lakers. Nel primo turno dei playoff di Western Conference si affrontano una delle pretendenti al titolo, i Phoenix Suns di Steve Nash, Raja Bell, Shawn Marion, Boris Diaw, Tim Thomas e Leandro Barbosa, e i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant, Lamar Odom, Smush Parker, Luke Walton e Kwame Brown e già so che il confronto fra le due squadre vi avrà strappato almeno due o tre sorrisi. Per un improbabile allineamento dei pianeti, i Lakers sono avanti 2 a 1 nella serie con gara 4 da giocare in casa. La partita è di quelle tesissime anche perché i Suns non vogliono di certo trovarsi sotto di due vittorie contro una squadra che si trova lì per miracolo divino mentre i gialloviola sanno che potrebbero infliggere ai soli dell’Arizona un tremendo colpo del KO.
Siamo di fronte al miglior Kobe Bryant possibile, nel suo prime atletico e quasi all’apice di quello tecnico. Con 8 secondi dalla fine dei tempi regolamentari, Phoenix si trova avanti 90 a 88 e con la palla in mano. Se c’è un motivo per cui a Los Angeles si dovrebbero ricordare di Smush Parker è la sua scippata sulla rimessa ai danni del mister Hall of Famer Steve Nash. La point guard dei Lakers ruba la palla al playmaker canadese che prima carambola nelle mani di Devean George, il quale affida poi saggiamente a Kobe Bryant la patata bollente. Bryant si fa tutto il campo e con 0.7 secondi sul cronometro segna il canestro della parità. Gara 4 si sarebbe risolta nei tempi supplementari.

Adesso mancano 6 secondi alla fine del primo overtime: c’è una palla a due tra Luke Walton e Steve Nash. Se Walton non vince quella contesa, Kobe sarà pronto a mangiarlo vivo negli spogliatoi. Immaginiamo che questa cosa il povero Luke la sappia bene e infatti sovrasta Nash e trova subito Bryant come primo ricevitore. Kobe parte dal lato sinistro della metà campo e con cinque palleggi esatti raggiunge la parte destra della lunetta e si arresta per tirare. Davanti a sé ha Raja Bell, il marcatore designato per la stella dei Lakers e Boris Diaw. Uno dei due telecronisti di ESPN dice all’altro, ancor prima che Bryant si arresti “prenderà il tiro”.
Secondo voi, il figlio di Joe Bryant avrebbe mai passato quel pallone? Il buzzer beater che regala la vittoria alla squadra di Los Angeles è il perfetto morso del Black Mamba: quello letale, che lascia i giocatori avversari stecchiti al tappeto. Le telecamere ci regalano un primo piano su Tim Thomas ridotto a una statua di sale che stenta a credere di aver appena subito un devastante buzzer beater. Kobe, dopo aver segnato, si inginocchia a terra con il pugno alzato, protagonista assoluto di un kolossal da milioni di dollari che aspetta di ricevere gli applausi che merita. Per chi non lo sapesse, non c’è stato un lieto fine per i Lakers che perderanno poi malamente le tre gare successive, uscendo al primo turno sconfitti per 4 a 3.
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