
Nimona Recensione: Netflix fa ancora centro con l’animazione
Il 2023 dell’animazione sarà tutto un confronto, forse non definitivo ma certamente affascinante ed epocale, tra la strapotenza tecnologica e avanguardista di Spider-Man: Across the Spider-Verse (qui la nostra recensione di Across The Spider-Verse) e l’onore e il rispetto della tradizione con How do you live di Hayao Miyazaki (che dopo aver scientemente evitato tutti i principali festival mondiali sarà presentato in Giappone a partire dal 12 luglio con una campagna promozionale già cult che punta tutto sulla fama del maestro: nessuna immagine né alcun trailer prima dell’uscita nelle sale, impensabile nel mondo dell’intrattenimento di oggi). Un posticino in fondo al cuore però andrà trovato anche per Nimona, firmato da Nick Bruno e Troy Quane, alla seconda regia nell’animazione dopo Spie sotto copertura del 2019, prodotto da Blue Sky Studios, ex studio animato della Fox.
E lo stesso Nimona, del resto, nasce sotto l’egida dei Blue Sky ma ha rischiato grosso dopo la fusione tra Disney e Fox, subendo un rinvio dopo l’altro a causa delle tematiche LGBTQ affrontate a petto in fuori e ritenute troppo ‘scottanti’ per un prodotto animato. Addirittura, Nimona venne definitivamente cancellato quando la Casa di Topolino decise di chiudere i Blue Sky Studios.
Ma grazie ad Annapurna, che ha deciso di puntare sull’opera comprandone i diritti, DNEG Animation che ha fornito le animazioni e ovviamente Netflix, che dopo essersi ben comportata negli ultimi anni nel campo dell’animazione (con opere come Pinocchio di Guillermo Del Toro, ma anche Klaus, Il mostro dei mari, Wendell & Wild, Dov’è il mio corpo? e I Mitchell vs Le Macchine) ha deciso di acquistarne i diritti di distribuzione a livello globale: come in un lieto fine da fiaba, Nimona è finalmente diventato realtà.
Nimona, un fantasy colorato sulla propaganda
Basato sull’omonima graphic novel di ND Stevenson (edita in Italia da Bao Publishing) e interpretato, nella versione originale, da Chloë Grace Moretz nei panni del personaggio che dà il titolo all’opera e Riz Ahmed nel ruolo del cavaliere Ballister Blackheart, il film racconta una storia d’amicizia destinata a nascere nel periodo peggiore delle vite dei due protagonisti e a perdurare nei tempi bui attraversati dal Regno, un mondo-città futurista nel quale la Regina e i cittadini sono protetti dai Cavalieri, corpo di guardia a metà tra polizia e vere e proprie celebrità (con tanto di cerimonie allo stadio per il cavalierato e richieste di selfie da chi è abbastanza fortunato da incontrarli per la strada).
C’è da dire che la cosa meno convincente in assoluto di Nimona è proprio il mondo medieval-futurista, in tutto e per tutto simile al nostro (per quanto più tecnologicamente evoluto) fatta eccezione per questo corpo militare speciale, l’utilizzo di abiti da 1200 o giù di lì e, ovviamente, Nimona, una pestifera mutaforma che appartiene ai Mostri, l’altra razza che abita questa Terra fantasy e che ovviamente gli umani sono cresciuti con il diktat di dover odiare e, possibilmente, uccidere. Bellissimo però il design dei personaggi, che associato allo stile grafico ricorda da vicino quello di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom (o quello di Breath of the Wild, fate voi).

Netflix ci ha chiesto cortesemente di non rivelare passaggi salienti della trama, quindi proveremo ad affrontare i seguenti paragrafi con qualche contorsionismo verbale. Com’è come non è, Nimona e Ballister si ritroveranno a fare squadra e lui (omosessuale e innamorato del collega cavaliere Ambrosius) pian piano inizierà a capire il punto di vista di lei (reietta della società dal passato tragico, desiderosa di diventare una rinomata criminale dopo aver passato tutta la vita a nascondersi).
Ma, sorprendentemente, il focus di Nimona non è tanto quello (evidentemente scontatissimo) della rivalsa del diverso, quanto quello della forza e del pericolo della propaganda e della manipolazione delle notizie, e quindi delle immagini e il modo in cui questo potere, più oscuro di qualsiasi incantesimo, riesca ad ammaliare senza possibilità d’appello le masse. Il finale stile kaiju, giusto per chiudere il cerchio con l’animazione giapponese citata in apertura, mi ha ricordato molto i film di Mamoru Hosoda, motivo che mi ha spinto ad amare Nimona ancora di più.
Lascia un commento