
Plaion Pictures tra Corea e lo spazio profondo: arrivano i bluray 4K di Broker e Punto di non ritorno
Scopriamo e guardiamo insieme due preziose novità home-video targate Plaion Pictures, le edizioni 4K di Broker di Hirokazu Kore-eda e Punto di non ritorno di Paul WS Anderson.
Stiamo diventando popolari e il Momento Marchetta è già tornato: dopo i quattro cult del cinema giapponese targati Third Window Films di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa, oggi ci spostiamo in Corea e arriviamo fino agli orrori dello spazio profondo grazie a Plaion Pictures e due nuove, straordinarie uscite per il mercato home-video bluray 4K, Broker di Hirokazu Kore-eda e Punto di non ritorno di Paul WS Anderson.
Due film che non hanno assolutamente nulla in comune tra loro e che non potrebbero essere più diversi, che però oggi per la prima volta in assoluto si incrociano grazie all’onnivora rubrica speciale di Freaking News dedicata alle marchett…ops, all’home-video.
Senza ulteriori indugi, quindi, voliamo in Corea alla scoperta della famiglia più stravagante vista al cinema negli ultimi anni e torniamo indietro nel tempo per esplorare gli incubi dello spazio profondo a bordo del cult sulla Event Horizon.

Broker – Le buone stelle di Hirokazu Kore-eda
Lasciatasi alle spalle l’accoglienza tiepida di La Vérité, il suo primo lavoro girato non in lingua giapponese con protagonisti Catherine Deneuve, Juliette Binoche e Ethan Hawke – e che faceva pensare alla brutta copia di un film di Olivier Assayas – con Broker Hirokazu Kore-eda torna alle atmosfere più tipiche del suo cinema senza abbandonare, anzi rinnovando, le aspirazioni internazionali col suo primo film in lingua coreana, che sembra ripartire dai diluvi torrenziali che allagavano i viottoli dei bassifondi di Seoul in Parasite.
Servendosi di alcuni dei maggiori volti del cinema sud-coreano, da Gang Dong-won a Bae Doo-na passando per la pop-star IU (al suo esordio sul grande schermo) fino alla super-star Song Kang-Ho (che per questo ruolo ha ricevuto la Palma d’oro al miglior attore all’ultimo Festival di Cannes, dove il film ha avuto la sua prima mondiale), Kore-eda sembra rifarsi ai suoi capolavori del passato (Still walking, Father and son, Our little sister, Ritratto di famiglia con tempesta, ovviamente Un affare di famiglia) per giocare sicuro, per ritrovare quei tratti antropocentrici che fanno del suo cinema uno dei migliori in assoluto nell’evocare la poesia della vita, del vivere insieme, del condividere fisicamente il passaggio del tempo e del destino e subirne i capricci.

Di nuovo dalla parte sbagliata della legge ma ancora una volta più per necessità che per fini egoistici, proprio come in Un affare di famiglia (dal quale tornerà anche il mare, ripetutamente, e di cui quasi quasi Broker potrebbe essere considerato uno spin-off, in un eventuale Kore-eda Cinematic Universe), il film si innesta sagacemente sulla floridezza del cinema sud-coreano (Song Kang-Ho e Bae Doo-na vengono da Parasite e [entrambi] da The Host, due opere proprio sulla famiglia e sulla sopravvivenza della stessa) per riaggiornare il corpus autoriale di Kore-eda, per rinvigorirlo e rimetterlo in linea con le traiettorie di ciò che a questo straordinario autore riesce meglio. Ecco, dopo un film molto ‘alla Kore-eda’ come il recente Love Life di Koji Fukada, Broker sembra arrivare per stabilire cosa sia davvero un film ‘di Kore-eda‘, quali lirismi sia in grado di raggiungere nelle sue sequenze più riuscite; pur all’interno di un meccanismo narrativo forse eccessivamente arzigogolato e non particolarmente compiuto, pur nel contesto di un’opera che aggiunge pochissimo se non proprio nulla all’ipertesto del suo autore.
Quante volte Kore-eda ci ha detto che nel suo cinema la famiglia è un concetto malleabile, che va guadagnato, che va assemblato pezzo per pezzo, qualcosa che capita e non qualcosa che si ha e basta, qualcosa che è e basta: ecco Broker lo ripete ancora una volta, ma fortunatamente lo fa con la sagacia di chi potrebbe continuare a raccontare la stessa storia all’infinito riuscendo a rapire lo spettatore ogni volta.
Punto di non ritorno
Film forse più bello e sicuramente più ‘cult’, insieme al finto spin-off di Blade Runner Soldier con Kurt Russell, della lunga e ricchissima carriera di Paul WS Anderson, celebre regista amato-odiato dai fan di videogame che negli anni ha portato sul grande schermo gli adattamenti caciaroni di Mortal Kombat, Resident Evil (con la moglie Milla Jovovich) e Monster Hunter (sempre con Milla Jovovich), Event Horizon – Punto di non ritorno non fu accolto molto positivamente dalla critica alla sua uscita, nel 1997, e ottenne pochissimo riscontro al box office (47 milioni incassati da un budget di 60 milioni) eppure nel corso del tempo è stato in grado di conquistarsi un notevole seguito di appassionati (al punto da meritarsi una riedizione in 4K).

Strana miscellanea tra i film d’esplorazione spaziale, i thriller di claustrofobia nelle navicelle spaziali e gli horror visionari sulle dimensioni infernali, tra Dante e Clive Barker, la storia – con un cast che include Sam Neill e Lawrence Fishburne – è quella di una spedizione verso Nettuno (con vent’anni d’anticipo rispetto a quella di Brad Pitt in Ad Astra di James Gray) di un equipaggio incaricato di ritrovare la Event Horizon, una nave spaziale partita sette anni prima con la missione di spingersi ai confini del Sistema Solare ma scomparsa improvvisamente nel nulla.
Suggestivo e tutto d’atmosfera, così riuscita far passare in secondo piano i notevoli strafalcioni di sceneggiatura, Punto di non ritorno fornisce alcune delle immagini più forti della fantascienza horror di fine XX secolo, in grado di dare i brividi ancora oggi (anche gli effetti speciali danno i brividi, ma per i motivi sbagliati). La presenza di Sam Neill lo fa sembrare un sequel spirituale (nello spazio) di Il seme della follia di John Carpenter, e chi sta aspettando con ansia il remake di Dead Space (ne abbiamo parlato nell’episodio 7 del podcast di Freaking News) ritroverà qui le stesse sensazioni che animano il famoso videogame (si, il titolo Electronic Arts ha rubato a piene mani dal film di Paul WS Anderson: una piccola curiosità videoludica sul regista che forse più di tutti si è sforzato di portare i videogame al cinema).
A proposito di videogame e cinema: avete già letto la recensione di The Last of Us? Ho avuto modo di accedere in anteprima a tutta la prima stagione, e se il primo episodio vi ha colpito aspettate di vedere il resto…
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