
Sciame Recensione: la serie tv horror di Donald Glover per Prime Video
Sciame è la nuova serie tv creata da Donald Glover, attore produttore sceneggiatore regista giovane Lando Calrissian e soprattutto pop-star dietro all’alias Childish Gambino, che ha letteralmente sfondato il mondo del piccolo schermo con la serie capolavoro Atlanta – le cui quattro stagioni sono interamente disponibili su Disney+ – e che adesso si è trasferito in casa Prime Video con un astronomico contratto first-look (sotto il quale è in arrivo anche una serie tv reboot di Mr & Mrs Smith).
La storia, interpretata da Dominique Fishback, famosa per The Deuce e Judas and the Black Messiah (e protagonista del prossimo film della saga di Transformers, Transformers: Il Risveglio), parrebbe ispirata – per rimanere in ambito musicale – ai brani Stan e il suo sequel Bad Guy di Eminem: il mondo della musica è dominato da una mega super pop-star, tale Ni’Jah (artista fittizia ma palesemente basata su Beyoncé) e la protagonista, Dre, una ragazza afroamericana affetta da gravi problemi psichiatrici, ne è una fan talmente ossessionata da arrivare ad uccidere chi non la pensa come lei.
Una satira della scena musicale mainstream, del mondo dello spettacolo e del rapporto tra star e fan(atici), che arriva da un artista (Glover) divenuto famoso per la sua musica ma deciso a dedicarsi a tempo pieno al cinema e alla tv: al di là del divertimento perverso che farà la felicità dei fan dell’horror, però, non si capisce mai davvero quale sia il punto.
Una serie efficace con nulla di nuovo da dire
Non sperate di trovare in Sciame la freschezza e l’originalità che hanno contraddistinto (quasi) tutti gli episodi di Atlanta.
In questo American Pshyco troppo debitore dello stile grafico di Euphoria, in questo Re per una notte che un po’ si crede Michael Haneke e un po’ sembra voler raccontare l’origin story di una giovane serial killer dopo aver visto troppe volte Joker di Todd Phillips senza comprenderne il senso filologico, non c’è mai davvero un equilibrio tra le necessità di un dramma (approfondire il personaggio principale, Dre), le aspirazioni satiriche (il tono è d’accusa, ma verso chi?) e gli impulsi da horror psicologico: le pseudo-fantasie psico-sessuali di Patrick Bateman erano frutto dell’ambiente in cui si muoveva, cosa che creava una forte ambivalenza tra realtà e fantasia che Sciame vuole evidentemente provare a replicare, senza mai riuscirsi davvero.

Le pretese oh-so-arty della messa in scena, poi, non aiutano: dalla grana finta-pellicola ai jump-cut improvvisi, dai ripetuti long-take alle ellissi narrative, tutto sembra gridare ‘guardami, sembro un film indipendente del Sundance Film Festival’, ma la verità è che c’è davvero poca originalità in Sciame: anche l’episodio più coraggioso, impostato come un documentario che rilegge la vicenda di Dre dall’esterno ma che allo stesso tempo ‘defictionalizza’ Ni’Jah sostituendola con la vera Beyoncé (il suo nome viene beeppato, ma lo si può leggere sulle labbra dei personaggi) non fa che complicare inutilmente le cose, andando alla ricerca di una chiave meta-testuale quanto meno ridondante.
Per carità, ci si può anche divertire molto nel corso dei sette episodi di Sciame…ma sotto sotto, il divertimento rimane fine a sé stesso.
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