Home » Sex Education 4 Recensione: la stagione finale della serie tv Netflix
Sex Education 4 Recensione

Sex Education 4 Recensione: la stagione finale della serie tv Netflix

Abbiamo visto in anteprima Sex Education 4, la stagione finale della serie tv Netflix: ecco la nostra recensione.

É dal 2019 che sostengo a spada tratta che, sotto sotto, Sex Education sia in realtà un fantasy e, arrivati alla quarta e ultima stagione, posso bearmi del fatto che, alla fine, Netflix mi ha teso una mano e mi ha dato finalmente ragione. Con un occhio al futuro dopo il fortunato lancio del live-action di One Piece (qui la nostra recensione della serie tv di One Piece), la piattaforma di streaming si sta preparando a dire addio alle serie tv che hanno fatto la fortuna dell’era dell’intrattenimento on demand: in attesa della stagione finale di Stranger Things, in questi giorni è il turno di Sex Education 4, l’acclamata serie teen-comedy che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo per la sua leggerezza e la sua squisita semplicità.

Ancora una volta interpretata da Asa Butterfield nel ruolo dell’aspirante giovane sessuologo Otis Milburn, oltre ai co-protagonisti Gillian Anderson, Ncuti Gatwa, Aimee-Lou Wood, Emma Mackey, Connor Swindells, Kedar Williams-Stirling e Mimi Keene, l’ultima stagione di Sex Education parte da un nuovo inizio: con la chiusura del liceo di Moordale, infatti, Otis e Eric devono affrontare il loro primo giorno al Cavendish Sixth Form College, dove il primo incontrerà qualche difficoltà inattesa nel tentativo di aprire una nuova clinica del sesso, mentre il secondo proverà a ritagliarsi uno spazio nel gruppo dei più ‘fichi’ della scuola, tutti appartenenti come lui alla comunità LGBTQ+, segno di una società che avanza.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, Maeve sta vivendo il suo sogno alla prestigiosa Wallace University, in cui segue le lezioni dell’autore di culto Thomas Molloy. Otis si strugge per lei, mentre prova ad abituarsi al fatto di non essere più figlio unico né l’unico terapista della scuola…

Sex Education 4: un finale bagnato (di lacrime)

Come le più grandi serie tv insegnano, il primo episodio di Sex Education 4 si apre con quella che potrebbe essere l’ultima puntata di Sex Education 3, riallacciandosi a momenti e situazioni viste nel finale della precedente stagione ma aggiungendo subito nuove vie e spunti. Come in Harry Potter si torna a scuola dopo le vacanze estive e, come detto in apertura, le atmosfere ‘da fantasy’ che contornavano le passate incarnazioni della teen-comedy-drama di Netflix questa volta sono più esaltate che mai.

Sex Education nella sua quarta stagione continua a divertirsi nel creare un mondo fantastico adiacente alla nostra realtà ma allo stesso tempo sua esaltazione ideale e idealistica: un regno fatato – ci sono addirittura i boschi, e in un paio di episodi comparirà perfino D…no, non possiamo dirlo – che approda direttamente nell’iperuranio dell’adolescenza. Queste storie e questi personaggi sembrano popolare un mondo fantastico che è allo stesso tempo sfogo e rifugio adolescenziale, idea definitiva di una realtà prettamente televisiva e sogno iperrealista da apoteosi sull’età più attesa dai giovani e più rimpianta dai più anziani. 

Sex Education 4 Recensione 1

In quella che è forse l’unica serie tv che gli adolescenti di ogni parte del mondo dovrebbero assolutamente vedere, c’è tutto quello che un sogno giovanile (oggi) dovrebbe avere: grandi personaggi; una buona scrittura; una leggerezza senza pari che porta verso una felicissima comunione tra intrattenimento ed educazione, libera di affrontare ogni tipo di argomento depurandolo dalla sua gravitas pedagogica e, infine, uno spregiudicato sentimento propagandistico della cultura woke. Non è un caso che l’unico personaggio dotato di un vero e proprio arco narrativo evolutivo sia Groff (interpretato dal magistrale Alistair Petrie), maschio bianco etero e rigidissimo che dovrà necessariamente evolversi per stare al passo coi tempi. La società del futuro è già nel presente, in Sex Education, ed è il passato a doversi adeguare.

La risposta gentile e delicata agli estremismi oscuri di Euphoria di HBO è ancora, per l’ultima volta, splendidamente valida, con un lieto fine dolceamaro perfettamente in linea coi tempi e da assoluta scorta di fazzoletti…per asciugarvi le lacrime, che avete capito?!

VOTO: 4/5

Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

Altri da leggere

Post navigation

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *