
The Killer Recensione: il nuovo thriller Netflix di David Fincher
Qualche anno dopo la ricostruzione della Hollywood Classica messa in scena con Mank, ancora lassù tra i migliori film hollywoodiani del decennio insieme ai più recenti e coraggiosi Blonde e Oppenheimer (qui la nostra recensione di Oppenheimer), il grande regista David Fincher torna a collaborare con la piattaforma di streaming on demand Netflix (e soprattutto con lo sceneggiatore Andrew Kevin Walker, che ritrova dall’epocale thriller investigativo Seven) per il suo nuovo film, The Killer, presentato allo scorso Festival di Venezia e in arrivo sul servizio da domani 10 novembre.
Interpretato da Michael Fassbender e Tilda Swinton, tra gli altri, The Killer è l’adattamento cinematografico della graphic novel francese omonima scritta da Alexis Nolent (a.k.a Matz) e illustrata da Luc Jacamon. Un insospettabile cinefumetto d’autore (come possono esserlo ad esempio La vita di Adele di Abdellatif Kechiche e A History of Violence di David Cronenberg) che racconta la storia di un misterioso assassino a pagamento, entità senza nome dalle mille identità intercambiabili, professionista calcolatore inflessibile e soprattutto infallibile, che di colpo, in una notte parigina come tante altre, si ritrova di fronte al più grande avversario della sua carriera senza macchia: l’imprevisto.
Messo di fronte alle conseguenze dello sbaglio in un mondo che non li ammette, si ritroverà al centro del paradosso di dover affrontare una situazione personale, lui che ha sempre agito lasciando la sfera privata ben lontana da quella professionale: c’è una coscienza, sotto sotto, una morale, oppure ‘le regole del gioco’- che sono il suo mantra – sono l’unica legge da seguire?
The Killer: David Fincher più affilato che mai
Come uno dei glaciali neo-noir tutto immagini e lunghi silenzi di Jean Pierre Melville – il cui cinema ha evidentemente ispirato i toni di questo nuovo Fincher, dalla lunga sequenza iniziale ambientata a Parigi al ricalco su Michael Fassbender del protagonista enigmatico e glaciale alla Alain Delon de Le Samourai (anche il fumetto che ha ispirato il film è francese) – The Killer è un’opera meticolosa e lapidaria, interessata non tanto all’azione quanto alla sua organizzazione, agli interpunti che si trovano tra la fase di partenza A e la meta d’arrivo B: tutto quello che può esserci nella preparazione nascosta dietro le solite scene cui il cinema thriller ci ha abituati.
Per una volta dalla parte opposta rispetto al lato chiaro della legge – lui che per tre volte ha dato la caccia ai serial killer al cinema con Seven, Zodiac e Millennium e che proprio su Netflix ha raccontato addirittura la nascita della profilazione criminale nell’FBI con la sempre sia lodata e mai dimenticata serie tv Mindhunter – Fincher si impone la sfida di provare a raggiungere un soggetto quasi sovrumano che a sua volta (non)vive nel costante tentativo di muovere ogni suo passo all’insegna del massimo grado di perfezione possibile.

É ovviamente un gioco riflessivo sul cinema e un’autoanalisi che Fincher, autore zelante e minuzioso per eccellenza, rigoroso nel suo metodo e nella messa in atto della propria visione, attua nei confronti del suo stesso metodo. I cambi di registro nella regia di The Killer – sostanzialmente due, in altrettante fasi concitate: il ritorno a casa del protagonista, con l’uso della steadycam su spalla per aumentare l’adrenalina pompata dalla paura e la sensazionale scena di lotta in una catapecchia della bassa Florida, probabilmente la scena d’azione più muscolare del 2023 – sono deragliamenti che Fincher impone al suo film e al suo protagonista per sfidare loro e sé stesso, per vedere se riuscirà a riprendere il controllo dell’impianto filmico allestito fino a quel momento. E naturalmente ci riesce, perché è David Fincher.
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