
The Palace Recensione: il cinepanettone secondo Roman Polanski
The Palace, ultimo film diretto dal novantenne Roman Polanski presentato nelle scorse settimane al Festival del Cinema di Venezia 2023 (a proposito di film presentati al Festival, ecco la nostra recensione di Io capitano), leggendario regista polacco di ritorno sulle scene dopo il capolavoro L’ufficiale e la spia, è una commedia d’ambientazione alberghiera – un classico del cinema – ambientata il 31 dicembre 1999, all’alba della fine del secolo scorso. E già questi elementi, queste date, questo ritorno al passato, messe insieme la dicono lunga sull’idea alla base del film, geniale e inatteso e due volte spiazzante.
Il Palace Hotel è un albergo di gran lusso situato all’interno di un castello degli inizi del Novecento immerso nelle montagne svizzere. La struttura, che ricorda un luogo fiabesco completamente ricoperto dalla neve, fa pensare, perché no, al castello dei vampiri di Per favore, non mordermi sul collo! É il Capodanno 2000, l’hotel si sta preparando ad accogliere i ricchi ed eccentrici ospiti (quelli di Che?) pronti a trascorrere il veglione più straordinario della loro vita per un passaggio al nuovo millennio indimenticabile.
Ma i protagonisti (altro esplicito richiamo al passato: tra gli altri troviamo Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Luca Barbareschi e Mickey Rourke, i cui volti sembrano usciti dal Brazil di Terry Gilliam) giunti all’Hotel alla ricerca della perfezione, saranno colti di sorpresa dall’imprevedibilità dell’esistenza, con tutto il grottesco, il tracimante del cinema polanskiano nascosto dietro sotto i lustrini e lo scintillio delle posate pronto ad esplodergli in faccia.
Pensate alla scena del topo bollito di Pirati e stendetela su novanta minuti: il piatto è servito. Chi si aspettava il colpo di coda di un maestro, il film testamento, l’ultima opera del tramonto, rimarrà deluso, perché Polanski scarta ancora una volta le aspettative con un film sguaiato ed esilarante.
The Palace: L’inatteso vaffanculo di un maestro
Tutto è vecchio in The Palace di Roman Polanski. Il primo ad essere vecchio è Polanski stesso e più di lui forse è vecchio il modello su cui è costruito il film, ma quello che sorprende davvero è il ritmo modernissimo con cui l’autore con The Palace vuole rileggere la commedia alberghiera del secolo scorso aggiornandolo agli standard di oggi, quelli della commedia d’autore alla Ruben Ostlund, il quale con due commedie, The Square e Triangle of Sadness, ha vinto al Festival di Cannes due Palme d’oro consecutive, nel 2017 e nel 2022.
Fortunatamente però Polanski non vuole imitare il modello di Ostlund (che si perde nella critica sociale asciutta, facilissima, contro gli stereotipi che la società già deride e critica senza il bisogno dei suoi film), si distacca dalla pseudo-sofisticatezza di quelle satire nord-europee e crea un film leggerissimo e spesso esilarante, sconquassato e slabbrato, un cine-panettone da festival che non risparmia nessuno: un’elegia alla vanità, allo sperpero, alla pochezza. Del resto, si sa, la commedia è una cosa seria.

Scritto insieme a Jerzy Skolimowski, collega regista e attore polacco, The Palace è un’esaltazione dell’archetipo e del cliché, una farsa tragicomica che da ieri ci parla di oggi (le fake news del Millennium Bug, Putin) e che lavora magistralmente sugli attori e sul concepimento degli sketch, molto centrati nell’umorismo ed estremamente raffinati nell’esecuzioni scenica. Come un film di Ernst Lubitsch fatto per deridere i film di Ernst Lubitsch, e il loro guardare con garbo alle élite e il loro farle ridere con il mignolino alzato: The Palace, col suo ritmo dinamico e terribile, quel mignolino lo prende e ve lo ficca su per il…
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