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Watchmen Zack Snyder

Watchmen di Zack Snyder è il cinecomic più ambizioso di sempre

Watchmen di Zack Snyder, adattamento live-action della graphic novel di Alan Moore, resta ancora oggi il cinecomic più ambizioso di sempre.

L’agghiacciante simmetria del prologo e dell’epilogo di Watchmen di Zack Snyder, adattamento cinematografico live-action della seminale graphic novel DC Comics scritta dal pluripremiato romanziere Alan Moore e disegnata dall’artista Dave Gibbons (a proposito, di cinecomic, ecco la nostra classifica dei Migliori Film di Spiderman), non sta tanto nella capacità che il film Warner Bros ha di giocare con sé stesso e con i propri simboli, trasformando qualcosa di piccolo come una spilla smile macchiata di sangue in qualcosa di più grande e allo stesso tempo parodistico come può esserlo una grossa t-shirt imbrattata sbadatamente di ketchup, in un espandersi-allargarsi che è allegoria visiva di quella sceneggiatura da noir a svelamento che l’autore utilizza per mettere in scena la sua grossa barzelletta sull’umanità e sulla superumanità e sull’esistenza tutta, quanto nei due zoom uguali e contrari con i quali questo atipico e oscuro film di supereroi si apre e si chiude.

Il primo in avanti, il secondo all’indietro, uno a stringere l’altro ad allargare: in entrambi i casi il soggetto è lo schermo riflettente di un televisore sul quale il regista si concentra in due spazi diversi (l’attico di Eddie Blake alias il Comico, interpretato da Jeffrey Dean Morgan, e l’appartamento di Dan Dreiberg alias Gufo Notturno, interpretato da Patrick Wilson, che in questi giorni ha esordito alla regia con Insidious: La porta rossa e ha reso omaggio a Snyder incensando Watchmen come ‘film in anticipo sui tempi’) e in due tempi diversi (ma il tempo non è relativo?).

In mezzo a questi due schermi, queste due tendine che Snyder letteralmente muove come i drappi di un sipario idealmente posto sopra l’arco scenico del suo mondo retro-futurista, anche altri schermi (la parete di televisioni nel quartier generale di Adrian Veidt/Ozymandias, nella quale si intravedono 1984 di Ridley Scott e Mad Max di George Miller, i monitor dell’onnipresente e manipolatoria macchina dei media) ma soprattutto la codifica di un nuovo linguaggio, che parli dell’esaltazione della bellezza del corpo in movimento nel campo della camera. 

Watchmen: disegnare il cinema

Per un regista che dopo Watchmen (uscito nel 2009, l’anno successivo a Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan e a tre anni dal precedente film di Snyder, 300, altro adattamento dal mondo dei fumetti) avrebbe iniziato a raccontare i suoi personaggi come divinità idealizzate ma contraddittorie, è significativo che qui gli uomini appaiano come storyboard animati tutti gesti fumettosi e plasticosi: come action figure o creta nelle mani di un creatore che disegna, posiziona nello spazio, inquadra nell’ambiente, aziona e fa scontrare, mentre Dio stesso diventa un corpo (più o meno) tangibile col quale è possibile fare l’amore o cercare il confronto, che si può provare ad uccidere, al quale si può urlare in faccia nella neve. Praticamente un sogno per il regista, unico vero sorvegliante dei sorveglianti che popolano il suo mondo.

E tra le mille tematiche da massimi sistemi, sulla vita e la morte e l’onnipotenza, il destino e il libero arbitrio, mescolate in un calderone di anni’ 80 pop fasulli, rivisitati, estremizzati, distopici, idealizzati, la cui forza incredibile è quella di riuscire, pur nella loro assurdità da fumetto, a restituire il senso di inadeguatezza e pericolo incombente che si respirava nei veri anni della vera Guerra Fredda, si concretizzano delle idee di cinema chiarissime per una visione incontrovertibile e priva di compromessi.

Watchmen Blu-Ray

Zack Snyder con la camera sembra voler dipingere – o per meglio dire disegnare, e le immediatamente riconoscibilissime immagini che allestisce sanno emanare un tipo di essenza fumettosa unica che è allo stesso tempo stilizzata e viscerale, esasperatamente machissima e architettonicamente statuaria – un iperrealismo idealizzato guardato attraverso l’occhio della sospensione dell’incredulità. Si tratta di una chiave visiva particolare e potenzialmente respingente che però è unica ed assolutista ed è rimasta unica ed assolutista da quando è stata creata, una rivoluzione filmica con pochissimi seguaci che però conferisce alle opere di questo autore un fascino rarissimo e quasi distaccato dal tempo cui appartengono.

Watchmen: The times they are a-changin’?

Watchmen non sembra avere gli anni che ha (lo stesso dicasi per 300) perché non esistono altri termini di paragone all’infuori del cinema snyderiano e della sua visione, e di quella visione Watchmen è l’esaltazione apoteotica, specialmente nella sua Ultimate Edition da 4 ore che, al montaggio director’s cut di 186 minuti, inserisce nel film anche tutte le vignette-inserti del film d’animazione I racconti del vascello nero, un fumetto che i personaggi di Watchmen leggono e che offre allo spettatore un contro-racconto che fa da commento ai temi principali dell’opera. Ciò che contraddistingue Zack Snyder e il suo cinema è l’innata capacità di pensare esclusivamente per immagini, più che seguiti o visti i suoi film vogliono essere in primo luogo guardati, ammirati, e il loro tratto marcatissimo viene enfatizzato in ogni singola inquadratura, trasformandolo in un vanto.

Nessuno avrebbe mai più tentato un’impresa simile con un film di supereroi (forse solo lo stesso Snyder, con la versione in bianco e nera e in 4:3 di Justice League), aspetto che fa di Watchmen: Ultimate Edition il cinecomic più ambizioso di sempre e anche il punto di incontro massimo tra la rappresentazione fumettistica e quella cinematografica. Citando Bob Dylan, omaggiato nella clamorosa sequenza dei titoli di testa, un video-clip barra cortometraggio che in maniera quasi assestante introduce lo spettatore nel mondo fittizio ma fondato sulla realtà americana di Watchmen e che è oggi celebrato come fosse un cult a sé stante, The times they are a-chanin’…ma non per Watchmen di Zack Snyder.

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Matteo Regoli

critica i film, poi gli chiede scusa si occupa di cinema, e ne è costantemente occupato è convinto che nello schermo, a contare davvero, siano le immagini porta avanti con poca costanza Fatti di Cinema, blog personale

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