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We Were Here Forever Recensione: il videogioco diventa un’escape room

Abbandonati a noi stessi, senza punti di riferimento o vie di fuga: la recensione di We Were Here Forever.

Abbandonati a noi stessi, senza punti di riferimento o vie di fuga: la recensione di We Were Here Forever.

Un ultimo tentativo. Non possiamo mollare ora, dopo tutti i progressi che abbiamo fatto. Un ultimo colpo di reni, l’ultimo, ci deve essere una soluzione per scappare da questo castello che vuole tenerci rinchiusi per sempre“.

Ogni serata passata in compagnia di We Were Here Forever – quarto capitolo della serie in prima persona esclusivamente cooperativa We Were Here sviluppata dello studio olandese Total Mayhem Games, uscito qualche mese fa solo su PC e adesso anche su ecosistema Xbox e Playstation – si è rivelata una piacevole tortura, i cui effetti si sono abbattuti su di me e il mio amico di cuffia anche dopo aver spento la console.

Sto andando a lavoro e mentre sono seduto sul treno, l’enigma rimasto irrisolto e propedeutico per proseguire nell’area successiva ancora inesplorata, viene a bussare con prepotenza alla porta del mio cervello e ricomincia a tormentarmi.

Inizio così a immaginare di nuovo gli ambienti di gioco e a contare gli oggetti sparsi nella stanza, fondamentali per trovare una soluzione a quel maledetto meccanismo che ieri sera continuava a ruotare senza un senso logico. Ripenso poi alle parole del mio compagno – anche lui bloccato in un’altra camera vicina alla mia – attraverso le quali tentava di descrivermi ciò che vedeva, ciò che poteva afferrare e ciò con cui poteva interagire per aiutarmi nell’impresa. A questo punto, forse, avrete capito una cosa: We Were Here Forever era diventato la mia nuova ossessione.

La forza delle parole e dell’immaginazione

Per uscire vivi dal castello diabolicamente ideato da Total Mayhem Games, bisogna saper raccontare tutto quello che vediamo a schermo, senza dare nulla per scontato perché la soluzione potrebbe essere in quel minuscolo, insignificante e quasi impercettibile dettaglio, come il cappello di un tizio dipinto su un quadro.

Alcuni puzzle sono di facile intuizione, altri invece potrebbero tranquillamente superare la mezz’ora, sia perché particolarmente complessi sia perché concatenati fra loro in maniera brillantemente brutale. Pensate a una matrioska: ogni volta che solleviamo una bambola, ce ne sarà un’altra pronta a metterci ancora una volta i bastoni fra le ruote della progressione. Tuttavia, le urla di soddisfazione ogni volta che spaccavamo in mille pezzi una bambola di porcellana si sono rivelate appaganti e liberatorie.

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Il mio compagno, dunque, è stato per la maggior parte delle volte lontano da me e ogni mia interazione con l’ambiente circostante era spesso un aiuto per lui e viceversa, in scenari che si susseguivano, cambiavano fra loro stravolgendo il gameplay.

Nei rari casi invece in cui eravamo riuniti, We Were Here Forever esplodeva in birdmaniani piani sequenza dove ogni nostra azione doveva essere coordinata alla perfezione per evitare di ripetere tutto daccapo: tira quella leva, poi spostati e attiva il pendolo intanto che io salgo le scale e giro quella chiave con l’obiettivo ultimo di avviare il protocollo di fuga dei prigionieri. Il tutto, magistralmente illustrato da un vecchio proiettore a muro che riproduceva le azioni da eseguire, imparate a memoria dopo svariati tentativi andati a vuoto.

Abbiamo avuto la tentazione di guardare su internet oppure di mandarci una foto su Whatsapp per facilitare il nostro operato – i tre indizi suggeriti dal gioco di fatto non sono mai serviti a nulla – eppure, abbiamo sempre resistito alla mela gentilmente offerta dal serpente, nel nome di una superiore gratificazione videoludica e di tutte quelle battaglie che abbiamo combattuto insieme in quindici anni di avventure su Xbox (volete qualche altro gioco co-op? Qui cinque giochi irrinunciabili disponibili su Xbox Game Pass).

Non avevo mai partecipato a un’escape room in vita mia…bè We Were Here Forever mi ha fatto capire che forse è il caso di rimediare.

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Andrea Baiocco

Amo la birra, il basket e i videogiochi. Sogno un'Ipa al pub con Kratos e una scampagnata con Nathan Drake. Scrivo su Lascimmiapensa e su Everyeye mentre provo a parlare su Freaking News.

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